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Tra tutte le emozioni, certamente la felicità sarebbe un virus che tutti adorerebbero e tutti vorrebbero farsi contagiare, non credi?

In questo articolo voglio parlarti di alcune cose che mi sono successe e mi hanno fatto riflettere su quanto le emozioni possano essere contagiose.

Qualche settimana fa ero in vacanza in montagna con mia figlia, i nostri compagni e i nostri cani. In una giornata di sole tersa e sfavillante, una di quelle che solo la montagna ti sa regalare, abbiamo fatto una lunghissima camminata alla fine della quale ci siamo fermati per un più che meritato pranzo.

Ecco cosa è successo

Dopo aver mangiato, la stanchezza che non sentivamo finché eravamo in movimento, ha iniziato a farsi sentire, accentuata dalla digestione di quelle belle pietanze da alta quota. Così abbiamo pensato di valutare di far ritorno a San Candido con un mezzo pubblico, se fosse stato disponibile. Fatte un paio di ricerche ed esclusa la possibilità del treno, rimaneva quella del pullman. Verifichiamo gli orari e scopriamo che di lì a pochi minuti, proprio a pochi passi da dove ci trovavamo, sarebbe passato il pullman che avrebbe potuto riportarci alla base.

Non avevamo mai preso un mezzo pubblico da quelle parti, né avevamo preventivato di dovervi ricorrere, e nessuno di noi sapeva le regole del luogo: possiamo fare i biglietti a bordo? possono salire i cani? serve la museruola? Sai com’è, paese che vai… E di cercare online in modo approfondito non c’era davvero il tempo.

Eccoci quindi alla fermata, il pullmann arriva, apre le porte anteriori e io salgo per chiedere al conducente le informazioni che ci servivano.

Sono stata aggredita, e in modo totalmente inaspettato.

Il conducente è stato sgarbato, brusco, aggressivo nei modi, (posso dire odioso?), mi ha praticamente urlato contro, come se il fatto di non conoscere le loro regole e di fargli perdere 20 secondi di tempo per spiegartele fosse una delle più gravi colpe che si potessero concepire. 

Inutile dire che non ci ha permesso di salire (perché il cane grande aveva solo una museruola un po’ artigianale), perciò sono scesa e ci siamo incamminati per rientrare a piedi – che, peraltro, era quello che desideravo 😉

Ma quello che mi è rimasto appiccicato addosso per un po’ è stato l’effetto del malo modo con cui sono stata trattata, e le emozioni che si sono generate in me in risposta. Non ero preparata a quell’aggressione, non è quello che ti aspetti quando, da turista, chiedi un’informazione a un “indigeno”.

Quindi sono rimasta in curiosa osservazione di me stessa per un po’

E al di là dei facili giudizi su quanto lui avesse sbagliato, la cosa più importante su cui mi sono trovata a riflettere ancora una volta, è di quanto il nostro stato d’animo, i nostri modi, la presenza o assenza di un sorriso sincero – siano potenzialmente contagiosi e tendano a propagarsi da una persona all’altra. 

Come in un ripple effect, l’effetto che si ha quando butti in sassolino nell’acqua di uno stagno e vedi una serie di cerchi concentrici che da lì si diramano fino ad arrivare molto, molto più lontano da dove il sasso si è tuffato in acqua. 

O come un virus, anche se non mi piace moltissimo tirare in ballo questo esempio di questi tempi.

Ma forse è importante farlo, se pensiamo a come il nostro stato, le nostre parole e i nostri modi, possono essere contagiosi. E qui nascono due responsabilità:

  1. fare attenzione a cosa vuoi trasmettere, perché quello che emetti, può influenzare gli altri
  2. rendersi il più possibile resilienti e impermeabili ai potenziali”contagi negativi” da parte degli altri

E pensare che poteva andare diversamente

Ho pensato a come sarebbe andato lo stesso episodio se fosse stato diverso nella forma, ovvero se avesse dimostrato empatia e gentilezza nel dirmi che purtroppo non poteva farci salire.

Sarebbe rimasta una piacevole onda di gentilezza, che avrebbe influenzato positivamente sia noi, sia tutte le persone nel pullman.

Certo, per mettere in atto un comportamento che esprima disponibilità, ascolto, empatia, c’è bisogno di 3 cose:

  • l’interesse, o la la disponibilità, di creare interazioni e relazioni che funzionano
  • la cosapevolezza di cosa rende un’interazione efficace e piacevole
  • trovarsi in uno stato di benessere, o quantomeno di saper modulare il proprio stress, motivato o meno che sia, per poter agire da un luogo più equilibrato, senza riversare addosso all’altro il proprio mal-stare

Quanto ci ho messo a ritornare in quello stato di benessere e apprezzamento in cui vivo prevalentemente?

Forse un minuto, perché sono allenata.

Ma ho l’impressione che il nostro autista sia andato avanti a tenersi aggrappato alla sua rabbia, ai giudizi su questi turisti-fai-da te-no Alpitour? che vanno in giro senza conoscere le regole, e immagino che abbia cercato solidarietà, probabilmente trovandola, in alcuni dei passeggeri che hanno assistito alla scena.

Ha quindi alimentato inconsapevolmente un contagio di emozioni “negative”, di frequenze vibratorie pesanti, di scontentezza, giudizio e separazione. Innanzitutto dentro di sè, e poi anche all’esterno.

Noi invece, dopo un primo momento di perplessità, ci siamo fatti una bella risata e abbiamo proseguito la nostra giornata, immersi nella bellezza del paesaggio e nell’assaporare il movimento, l’aria, i profumi e il sole.

E tu come reagisci ai contagi delle emozioni negative?


Se senti il bisogno di iniziare ad allenarti per recuperare il tuo stato di benessere in pochi minuti – come abbiamo fatto noi – ti ricordo che ho creato il percorso perfetto per te.



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