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Progetti dell’anno, è troppo tardi?

Progetti dell’anno, è troppo tardi?

Sei ancora in tempo per i progetti del tuo 2024. È sempre un buon momento per cambiare direzione e rimetterti al centro. Scopri perché.

scintille rosa - progetti

Gennaio è sul finire e la maggior parte delle persone, a questo punto, si possono dividere grosso modo in 3 gruppi:

 

  •     quelle che si sentono in marcia verso la realizzazione delle proprie intenzioni e progetti per il 2024
  •     quelle che hanno la sensazione che, nonostante le buone intenzioni, tutto andrà avanti “come sempre”
  •     quelle che non si sono prese del tempo per pensare, davvero, a ciò che vogliono creare

 

Se ti chiedo a che gruppo preferiresti appartenere, credo di poter dire con certezza che risponderesti il primo. Tuttavia, se fai parte del secondo o del terzo, ho un’ottima notizia per te: non è mai troppo tardi per creare un anno a partire da te!

Cosa significa “a partire da te”?

A partire da te significa un insieme di cose, lascia che ti spieghi meglio.

Implica soffermarsi a riflettere su quali sono le tue caratteristiche, per rispettarle e lanciarti delle piccole sfide senza snaturarti.

Significa essere consapevole di cosa aumenta e cosa drena la tua energia, significa riconoscere le abitudini che ti allontanano dalla vita che vorresti. Significa essere consapevole di tutto ciò che “di buono” c’è già: abitudini che ti sostengono, convinzioni che ti fortificano, qualità che ti rendono unica.

 

Per la mia esperienza con una gran varietà di clienti, soprattutto donne, ho visto che, se non facciamo prima questa sorta di check-list, il percorso verso i nostri obiettivi di vita è molto più faticoso. O, peggio ancora, molti dei nostri piani sono destinati a fallire, o a non partire nemmeno.  

 

Ascolta la tua voce (quella buona)

 

Il rischio di questi piani che naufragano è quello di portarti a credere che devi rassegnarti all’ineluttabilità delle cose o di attribuire a te stessa una serie di caratteristiche negative che non ti aiutano di certo quando vuoi portare avanti progetti e abitudini che ti farebbero sentire fiera e soddisfatta di te e della tua vita.

Frasi tossiche da zittire

  •     non sono disciplinata
  •     non posso dedicarmi a quello che voglio perchè ci sono altre priorità (figli, genitori, coniugi, richieste esterne, ecc.)
  •     non riesco ad attenermi ai piani, anche se sono io a farli
  •     ogni volta comincio bene, ma poi succede qualcosa…
  •     non ho il tempo/ l’energia/ le capacità di portare avanti il tale progetto
  •     non è veramente ciò che voglio
  •     non so come andare avanti
  •     quando si tratta di (obiettivo xy) a un certo punto mi perdo per strada e le vecchie abitudini hanno il sopravvento
  •     non so più cosa voglio…

Non trarre conclusioni affrettate

 

Queste sono alcune delle conclusioni che rischiamo di trarre quando i nostri progetti falliscono: non riusciamo a prenderci tempo per noi, non riusciamo a rimetterci in forma, la situazione economica non è stabile, vorremmo cambiare lavoro ma non riusciamo a fare il passo, vorremmo uscire da una relazione ma la trasciniamo avanti, abbiamo un grande sogno nel cassetto ma sembra che abbiamo perso la chiave. 

 

Attenzione, questo succede soprattutto a persone molto capaci che hanno già portato avanti con successo molte cose nella vita, eppure non riescono a operare certi cambiamenti e rimanere concentrate o costanti in qualche altro ambito.

 

 

Tutto ciò che ti serve è già dentro di te

 

Ogni persona possiede in sé tutto il potenziale per realizzare quello che desidera

Questo è uno dei pilastri del coaching, è la credenza fondamentale della metodologia PSYCH-K® di cui sono facilitatrice, ed è sempre stata una mia convinzione profonda.

Quello che “manca” a volte è un piccolo aiuto che permetta a quella persona di vedere, liberare e utilizzare quel potenziale per gli scopi che si prefigge, di allinearsi a quei desideri e agire coerentemente per realizzarli.

 

Altro che ti allontana dai tuoi progetti

 

A volte c’è un altro motivo per cui non realizziamo i nostri progetti. Ed è perché quegli obiettivi non sono nemmeno nostri.

Magari li abbiamo scelti perché sarebbe la cosa “giusta” da fare in un certo momento, o perché è qualcosa di “normale” che farebbero tutti, o perché ci si aspetta questo da noi, o perché sarebbe il sogno di qualcun altro.

A volte ci attacchiamo un sacco di significati, specie su di noi, ovvero pensiamo che, se arriviamo lì, allora sì che avremo dimostrato il nostro valore. Oppure allora sì che saremo felici.

Puoi creare una vita che ti piace davvero

 

In questi casi, se ce la facciamo, arriviamo al traguardo con un dispendio energetico enorme, stando ogni giorno nello sforzo, costringendoci a ritmi insostenibili che ci fanno mettere da parte molte cose di cui avremmo bisogno e che ci farebbero sentire bene.

O semplicemente ci arriviamo con la sensazione che non stiamo vivendo veramente la nostra vita.

 

E siccome ce n’è una sola, e siamo abituati a dividerla in anni, va da sé che nei prossimi 12 mesi potrai avvicinarti alla sensazione di star vivendo la tua vita… o quella di qualcun altro.

 

Come posso aiutarti

 

Da molti anni conduco un percorso che ha lo scopo di avvicinarti, nei 12 mesi che hai davanti, a una vita in cui riconoscerti ogni giorno.

 

In questo percorso

usiamo cuore e cervello

lavoriamo con entrambi gli emisferi cerebrali

c’è introspezione, ascolto di sé e riflessione

ma anche spazio per desiderare, immaginare, giocare

osare e mettersi in moto

prendendosi un impegno d’amore verso noi stesse.

 

Questo accade nel corso in presenza e lo stesso accade nella versione online, che parte il 3 febbraio 2024 (ma può partire in qualsiasi mese dell’anno se lo vuoi).

 

Ti piacerebbe creare un anno a partire da te?

 

Iscriviti alla lista d’attesa per il percorso online e ti manderò tutte le informazioni. Potrai partecipare da casa, con i tuoi tempi e i tuoi ritmi, al percorso che ti permetterà di Creare e portare avanti un anno da ricordare con gioia e soddisfazione.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

E se la noia fosse un bene?

E se la noia fosse un bene?

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pensi. Tuffiamoci insieme nel mare del dolce far niente. 

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pen

Prima dell’articolo “La noia è un male”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

76

2617

145

5427

225

10

 

No, non sto dando i numeri. Lo sai a cosa corrispondono queste cifre?

 

76:  le volte in cui, mediamente, prendiamo il telefono in mano ogni giorno

2617: i “tocchi” sullo schermo dello stesso, di un utilizzatore medio, al giorno

145: i minuti che trascorriamo, mediamente al giorno, per compiere quei tocchi

5427: i “tocchi” giornalieri di un utilizzatore frenetico

225: i minuti passati per compiere quei tocchi

10: le ore passate mediamente al giorno davanti a uno schermo negli USA

 

Bene, a questo punto mi pare che i numeri li stiamo dando tutti quanti.

 

La noia come risorsa
 

Non mi voglio focalizzare sui danni che questo uso smodato della tecnologia ci provoca, come danni alla vista, alla produttività, alla nostra capacità di concentrarci, alle nostre relazioni – solo per menzionarne alcuni, ma quello che appare evidente è che in questa circostanza ci stiamo perdendo una risorsa potenzialmente preziosissima: la noia.

 

Cosa succede al nostro cervello quando ci annoiamo e cosa potrebbe succedere se sopprimessimo per sempre questa emozione?

 

Scopriamolo insieme.

 

Fino a qualche tempo fa andavo quasi fiera del fatto che “io non mi annoio mai”, perché questa parola aveva per me solo un’accezione negativa. (Non sono forse solo le persone noiose ad annoiarsi? non era forse l’ozio il padre di tutti i vizi?). 

A un certo punto, però, mi sono imbattuta in alcuni studi che spiegavano quanto questa visione fosse un equivoco e tessevano le doti della noia. Questa emozione, nonostante noi la giudichiamo talmente negativa e spiacevole da allontanarcene in ogni modo possibile, è stata un ingrediente fondamentale della nostra evoluzione in questi 2,5 milioni di anni sulla terra.

 

 

Innanzitutto, chiariamoci su cosa sia la noia e di quali siano i suoi potenziali doni, e chissà se alla fine dell’articolo anche tu avrai un po’ cambiato idea su di lei.

 

 

Ti presento… la noia

 

Sicuramente ti sarà capitato di provarla.

La noia non è ciò che provi quando non hai niente da fare, ma quando niente delle cose che hai da fare, o che potresti fare, ti attrae. È caratterizzata da assenza di concentrazione, irrequietezza ma anche un senso di letargia: in pratica è quando ci sentiamo “sotto-occupati”.

 

È una sensazione che giudichiamo spiacevole, perciò oggi con tutte le app, i social e le notizie a disposizione nel nostro smartphone, in ogni pausa, al semaforo, camminando per strada, in attesa della cena al ristorante, ma anche sul divano e a tavola con la famiglia o quando nostro figlio ci parla – è fin troppo facile intrattenersi pur di evitarla.

 

Cosa ci perdiamo?

Quando ci annoiamo, per esempio piegando la biancheria o aspettando il nostro turno dal dentista, il nostro cervello attiva quella che si chiama modalità di default (default mode network).

Il nostro corpo innesta il pilota automatico ma, controintuitivamente, il nostro cervello diventa particolarmente attivo. Quando la mente non è impegnata in un’attività… impegnativa 😉 inizia a vagare. Ecco che si attivano connessioni diverse, si attiva una modalità di pensiero che è sotto il livello cosciente, e possono arrivarci idee, soluzioni creative a un problema che ci infastidiva da tempo, o può scattare il desiderio di un qualcosa che vogliamo creare o raggiungere nella nostra vita.

 

In quella modalità, facciamo quella che gli studiosi hanno definito “pianificazione autobiografica” (autobiographical planning), ovvero riflettiamo su momenti passati e immaginiamo nuovi possibili traguardi e come potremmo arrivarci.

 

Insomma, è una condizione particolarmente fertile, se ce la concediamo.

 

La noia è allo stesso tempo un segnale e una spinta motivazionale. Il segnale ci dice che non stiamo facendo quello che vorremmo fare e la spinta motivazionale ci suggerisce di darci degli obiettivi e progettare cose nuove.

 

E non solo la noia ci spinge a fare qualcosa per noi stessi, ma ci rende più altruisti e ci fa venire voglia di fare qualcosa per gli altri, come per esempio fare del volontariato o offrirsi per donare sangue.

 

Pianificare al minuto? No, grazie.

Se, però, riempiamo ogni momento di attività, se sfruttiamo ogni attimo per aggiornare i social, verificare se abbiamo notifiche, rispondere alle email, scaricare un documento, ci perdiamo questa possibilità. E non è tutto. Attraverso questo zompettare da un’attività all’altra, sottoponiamo il nostro cervello a uno sforzo di attenzione continuo e a un consumo smodato di energia.

 

Inoltre spesso “ci perdiamo l’attimo”, non ci accorgiamo delle persone che abbiamo accanto, delle bellezze della natura, di quello che succede a pochi metri da noi, come testimonia benissimo questa foto scattata dal fotografo Eric Smith nelle acque della California, in cui una balena passa a fianco della barca a vela ma lo skipper non si accorge di nulla, perché totalmente immerso nel suo mondo virtuale.

Il potere salvifico della noia

La noia, nelle sue evoluzioni


Nel 2008 la nostra attenzione al lavoro shiftava ogni 3 minuti. Nel 2018 ogni 45 secondi. Ora ho fin paura di sapere a quale ping-pong attentivo sottoponiamo il nostro povero cervello.

 

Ma tornare indietro, lo sappiamo, non è un’opzione. Cosa possiamo fare, quindi?

 

Nella mia ricerca, ho trovato due fonti di ispirazione per tentare di recuperare la nostra brillante creatività e la nostra salute mentale (e non solo): il primo è attraverso un uso ponderato dei potenti strumenti tecnologici di cui disponiamo – (ed è il tema di questo articolo).

 

Il secondo è attraverso una rinaturalizzazione della vita, un ritorno almeno parziale a una vita più naturale e meno comoda che ci permetta di recuperare alcune importanti caratteristiche appartenute per milioni di anni alla vita dei nostri antenati, e necessarie più che mai per migliorare la qualità della nostra “unica vita, selvaggia e preziosa”, per dirlo con le parole di Mary Olivier.

 

E di questo ti parlerò prossimamente. ⏭️

 

 

Annoiati e geniali: L’arte perduta di creare spazio  

 

La giornalista Manoush Zomorodi nel 2015 ha messo a punto il progetto Bored and brilliant (annoiati e brillanti, per l’appunto) per aiutare le persone a diventare più consapevoli del loro rapporto con il proprio cellulare e con l’iperconnettività.

 

Il progetto invitava i partecipanti a compiere diverse sfide, quali stare un’intera giornata con il telefono fuori dalla propria portata, andare nelle impostazioni e togliere tutte le notifiche, cancellare la o le app che l’utente giudicava più “ladre di tempo”.

 

È sempre più difficile vincere questa battaglia, perché da una parte ci siamo noi che non siamo più abituati al disagio del “vuoto” e che sfruttiamo ogni attimo per fare qualcosa pur di non rimanere soli con i nostri pensieri.

Dall’altra ci sono fior fiore di ingegneri ed esperti che studiano giorno e notte come attirare la nostra attenzione più spesso e più a lungo possibile, perché la nostra attenzione vale un sacco di quattrini.

 

Nonostante le difficoltà, i partecipanti hanno giocato con slancio e determinazione e, dopo aver superato qualche vera e propria “crisi di astinenza”, hanno superato le sfide riportando una maggiore energia, chiarezza e… felicità: avevano recuperato un bel po’ di tempo ma soprattutto si sentivano di nuovo alla guida della propria vita e non costantemente in reazione alle richieste provenienti dal proprio smartphone.

 

La cosa curiosa è che i più giovani, quelli nati e cresciuti con la tecnologia, hanno riferito di aver provato emozioni (non proprio piacevoli) mai provate prima! Insomma, non si erano mai annoiati prima di allora, perché al minimo segnale di “vuoto”, avevano sempre risposto prendendo il cellulare in mano.

 

 

 La noia… quanti ricordi!

Se ci pensi, chi non ha mai vissuto senza internet, e di conseguenza senza Netflix, Youtube, Facebook, Twitter, Whatsapp, Snapchat e tutte le notizie che la rete ci propin… ahem, propone, non sa quello che si provava da bambini nei pomeriggi d’estate quando non si vedeva l’ora di tornare in giardino a giocare ma bisognava rispettare “l’ora del riposo” altrimenti poi il “capo casa” chi lo sentiva…

O quello che si provava al mare, nell’interminabile attesa di poter tornare a fare il bagno dopo aver pranzato, le fatidiche due ore più lunghe della vita anche dopo aver mangiato solo un panino.

O quello che provavi nei pomeriggi d’inverno, quando non potevi uscire e non c’era niente alla tv (ma non niente di bello, proprio niente di niente, oltre che le righe colorate verticali su gli unici tre canali esistenti) 

 

Noia, era noia.

Ma in quella noia dovevi ingegnarti, muoverti, inventare, pensare, farti domande, escogitare scappatoie, immaginare, esplorare, creare.



La noia può curare la tua creatività

La noia è generatrice di progresso

 

L’essere umano si è evoluto attraverso prolungati periodi di noia e questo ci ha costretti a pensare nuovi modi di vedere il mondo: da lì il prosperare dell’arte, della filosofia, della letteratura, delle invenzioni, della scienza!

 

La creatività oggi è più necessaria che mai e sarà l’abilità numero uno che verrà richiesta al lavoro alle nuove generazioni per affrontare il futuro. Di questo passo però il rischio è che venga uccisa, o per lo meno tramortita pericolosamente, attraverso l’abuso dell’intrattenimento tecnologico e l’assenza della noia.

 

 

Vogliamo provare a cambiare le cose?

 

È solo una proposta, un esperimento da fare con curiosità, se ti va.

 

➡️ La prossima volta che, senza nemmeno pensarci, ti ritrovi con il telefono in mano, prova a chiederti: “Cosa sto cercando veramente?”

E se devi rispondere a una mail urgente, fallo e non pensarci più.

 

Ma se invece ti accorgi che stai cercando di intrattenerti, di distrarti per evitare di sentire qualsiasi leggero disagio – come solitudine, stress che vuoi alleviare, FOMO (fear of missing out: la paura di perderti qualcosa) o… noia – rimetti in tasca il telefono.

 

Respira, guarda il cielo, osserva i tuoi polpastrelli.

 

    • Se anche solo una piccola parte di quei 2617 tocchi destinati allo schermo ogni giorno li destinassi per fare una carezza a qualcuno che ami, o a toccare la corteccia ruvida di un albero, o a toccare i petali di un fiore, o se facessi una carezza a te stessa/o, come cambierebbe la tua vita?

       

    • E se la prossima volta che ti ritrovi a camminare per strada ti imponessi di guardarti intorno e sorridere, anziché mandare audio e rispondere a Whatsapp?

    • E se almeno un’ora prima di andare a letto tu spegnessi tutto e ti ingegnassi a fare qualcosa di diverso, cosa potrebbe emergere da una parte inascoltata di te? 

    • E se, quando senti quella noia e quell’irrequietezza, cercassi di capire dove ti vogliono portare, piuttosto che annegarle in un mare di distrazione?  

Io ho deciso di accettare la sfida, e tu?

Fammelo sapere nei commenti.



Ascolta te stessa: se senti il bisogno di fermarti, lasciare che la noia ti attraversi, per ritrovare la tua creatività, non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Sei una Persona Altamente Sensibile?

Sei una Persona Altamente Sensibile?

Scopriamo insieme ciò che contraddistingue una Persona Altamente Sensibile. Ti riconosci?

Persona Altamente Sensibile: sei una di noi?

Prima dell’articolo “Sei una Persona Altamente Sensibile?”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Ti hanno mai detto:
 

Sei sempre la solita esagerata

Mamma mia che suscettibile!

Non dovresti prendere sempre tutto così sul serio…

Ma perché piangi adesso?

Non so se ti sia capitato lo stesso. Da sempre mi sono sentita dire cose del genere, soprattutto da piccola, e da sempre mi sono resa conto che le mie percezioni e reazioni non erano come quelle della maggior parte delle persone.

 

Quindi ho sempre saputo di essere una “persona altamente sensibile”.

 

Quello che invece non sapevo, è che questa non è una semplice caratteristica né tantomeno un difetto, ma un tratto della personalità ereditario (come gli occhi neri o azzurri e tutto il resto). Oltre a questo, ho appreso che, a partire dagli anni 90, le persone “portatrici” di questo tratto della personalità sono state oggetto di studi e ricerche. 

 

E sono emerse delle cose molto interessanti.

Forse anche tu sei una PAS, Persona Altamente Sensibile, (dall’inglese HSP, High Sensitive Person, detta anche persona ad alto funzionamento) e non sai di esserlo. E magari anche tu hai pensato mille volte di essere sbagliata, non adatta, difettosa.

E se non sei tu ad essere una PAS, sicuramente hai un amico, familiare, collega che lo è: conoscere le caratteristiche e il funzionamento di una Persona Altamente Sensibile ti potrà aiutare a capirti e capirla meglio.

 

Persona Altamente Sensibile, una scoperta relativamente recente

 

La definizione esatta di questo tratto è Sensibilità di elaborazione sensoriale (Sensory Processing Sensitivity). La prima a compiere degli studi su questo è stata la dott.ssa Elaine Aron, ricercatrice in psicologia, docente universitaria, psicoterapeuta e scrittrice, che aveva soprattutto bisogno di comprendere sé stessa e il suo funzionamento. Gli studi, effettuati con il marito neurologo, risalgono ai primi anni 90 e la divulgazione delle ricerche ad un pubblico più ampio è avvenuta a partire dal 2012.

 

Anche alla dott.ssa Aron era capitato molte volte che colleghi ed amici la definissero “troppo sensibile”, complicata, diversa, così le era nata la curiosità e necessità di capire cosa ci fosse dietro a quella complessità di percezione, quel mondo emotivo così multisfaccettato ed intenso, quell’empatia e intuito così sviluppati, e quella difficoltà a gestire i troppi stimoli, le cattive notizie o le critiche.

 

 

In cosa consiste la Sensibilità di elaborazione sensoriale e perché sarebbe importante conoscerla?

 

Circa 1 persona su 5 è una Persona Altamente Sensibile. E quasi sicuramente non sa di esserlo.

Di conseguenza, non sa come trattare se stessa per non rimanere vittima degli svantaggi di questo tratto della personalità, né sa come metterne a frutto i vantaggi.

 

Credi di essere una PAS?

Con leggerezza e curiosità, leggi le seguenti domande e vedi se ti riconosci più di qualche volta:

 

  1. Intuisci lo stato d’animo degli altri e spesso ne vieni influenzata/o?
  2. Cogli i minimi dettagli e ti accorgi dei più piccoli cambiamenti?
  3. Soffri molto dinanzi alle ingiustizie o ai problemi ambientali?
  4. Una battuta su di te ti ferisce?
  5. Ti è impossibile prendere in giro qualcuno, anche se per scherzo?
  6. Sei molto sensibile al dolore fisico ed emotivo, anche quello degli altri?
  7. Ti è insopportabile la vista di scene di violenza o crude alla tv, anche se “finte”?
  8. Rimugini molto spesso su tutto?
  9. Hai un contatto profondo e quasi salvifico con la natura?
  10. Ami stare vicino all’acqua o trovartici dentro?
  11. Quando hai fame diventi intrattabile?

 

Se ti riconosci in qualcuno di questi aspetti, potresti essere una Persona Altamente Sensibile 😊 

Questa condizione porta con sè degli svantaggi facilmente intuibili. In questo nostro mondo avere un eccesso di empatia, di sensibilità ai rumori o al “brutto”, una tendenza a pensare molto e soppesare tutto, essere in contatto costante con le emozioni proprie e quelle altrui, può rendere la vita decisamente difficile.

Non sei la sola

 

Ma se Madre Natura si è presa la briga di diffondere queste caratteristiche a circa 1/5 della sua popolazione, evidentemente ha ritenuto che queste portassero con sè qualche vantaggio per la collettività.

 

E infatti è così.

 

Questa caratteristica è presente anche in molte specie animali in natura e gli individui che la portano, sono in grado di memorizzare meglio degli altri le esperienze negative – quindi potenzialmente pericolose per il gruppo – e le opportunità. Lo fanno a loro spese, ma i vantaggi vanno a beneficio della collettività. Quindi questi individui sono particolarmente utili.

 

 

E negli umani? Vantaggi  e svantaggi dell’alta sensibilità

 

L’acronimo DOES può aiutarti a riconoscere e iniziare a comprendere l’alta sensibilità, in te stessa in primis, ma anche negli altri.

 

  •     D come depth, profondità di elaborazione. Sei una specie di detective: osservi, noti e registri tutto, intuisci ma anche rifletti molto. Questo ti permette di accorgerti di cose che gli altri non notano per niente e di intuire i potenziali pericoli o le opportunità. 

 

  •     O come over-stimulation, sovrastimolazione. Questo superlavoro di osservazione e analisi può risultare molto stancante per il sistema nervoso. Perciò, se non impari dall’esperienza, tenderai ad affaticarti in molte situazioni che per gli altri risultano “normali” e piacevoli, potresti sentirti a disagio e tendere ad isolarti.

 

  •     E come emphasis e empathy, enfasi emotiva ed empatia . Sei costantemente in contatto con le tue emozioni e quelle delle persone intorno a te, sentendole con grande intensità e saresti portata/o anche a reagire come fossero tue. Questo ti da un vantaggio nel comprendere gli altri ma spesso ti rende molto vulnerabile, come fossi “senza pelle”.

 

  •     S come subtleties, dettagli. Indica la tendenza a notare i più piccoli particolari dell’ambiente esterno (odori, luci, suoni, cambiamenti) ma anche quelli interni – propri e altrui (vissuti, esperienze passate, sentimenti). Questa micro-percezione regala un vantaggio individuale e per la collettività, perché produce risposte intelligenti e adattative, ma allo stesso tempo è alla base della sovra stimolazione che rende affaticati, schivi o “eccessivamente reattivi“.

 

Non sei difettosa

 

Il vantaggio di sapere (finalmente!) di essere una PAS credo sia soprattutto questo.

 

Se per anni anche tu ti sei giudicata male perché ti senti “senza pelle” davanti a soprusi e ingiustizie 

 

se hai pensato mille volte di avere qualcosa che non va perché senti su di te tutta la sofferenza del mondo, da una formica schiacciata per sbaglio, alle guerre, ai terremoti

se ti sei sentita sbagliata e troppo sensibile perchè una discussione con qualcuno ti “resta addosso” per giorni

 

se hai pensato di avere qualcosa che non va perchè agli aperitivi o alle cene numerose ti sei senti come un pesce fuor d’acqua e non sai mai di cosa parlare….

 

se ti sei sempre sentita “strana/o” perché quando entri in un locale troppo affollato e rumoroso vorresti dartela a gambe levate

 

ora sai che non c’è nulla che non va in te.

 

 

Hai una sensibilità di percezioni particolare, come l’occhio azzurro o la pelle chiara nei confronti del sole.

 

Nessuno con gli occhi azzurri penserebbe mai di avere qualcosa che non va solo perché è più sensibile alla luce: lo sa e si porta dietro gli occhiali da sole.

 

Ecco. 

Ora anche tu sai di avere una sensibilità particolare a qualcosa.

Rende la vita un po’ più difficile? Sicuramente sì.

 

Ma ricordati che porta con sè anche dei grandi doni, a una condizione. 

Per capitalizzare la ricchezza di informazioni che, in ogni momento, sei in grado di percepire e raccogliere 

devi imparare a trattarti bene, avere cura della tua sensibilità per non andare in tilt

 

E ora ti spiego come.

 

 

Come gestire la tua alta sensibilità 

 

  •   Tratta bene il corpo: se sei stanca/o riposati, mangia sano e poco raffinato, evita gli zuccheri: il tuo sistema nervoso è già molto sensibile e ha bisogno di stabilità, non di essere iperstimolato.

 

  •  Evita gli eccitanti – per te sono delle vere e proprie bombe!

 

  •  Fai attività fisica regolare: la tendenza al rimugino e gli alti livelli di cortisolo nel sangue troveranno un maggior equilibrio. Se poi pratichi anche yoga e meditazione, ti sarai fatta un vero regalo.

 

  •  Dormi tanto: per recuperare l’iperattività del tuo sistema nervoso è davvero indispensabile e per scivolare nel sonno, se la tua mente è ancora molto attiva, crea una tua routine di rallentamento e relax e attieniti ad essa.

 

  •  Crea dei rituali adatti a te: a causa del tuo sentire multisfaccettato, sai che è facile per te “perderti”. I rituali (una sequenza di azioni benefiche che sceglierai con cura) ti aiutano a metterti nelle condizioni di funzionare bene.

 

  •   Crea un dialogo interiore amorevole: accorgiti che i tuoi pensieri si esprimono sotto forma di parole e crea dei mantra che siano in grado di interrompere il rimugino o l’iperattivazione.

 

  •    Be mindful: sii presente e cerca di fare una cosa alla volta, immergendoti il più possibile, con tutti i sensi e respirando, nell’attività che svolgi.

 

  •   Cerca di prenderti il giusto tempo per fare le cose: essere in ritardo è molto stressante per una Persona Altamente Sensibile (io questa lezione la devo ancora imparare 😅)

 

Il fatto di “avere un’etichetta” non è una scusa, ma comporta piuttosto una maggiore responsabilità

 

Queste linee guida, come vedi, sono dei consigli di buon senso per chiunque, PAS e non PAS. Ma per le persone ad alto funzionamento rappresentano dei passaggi indispensabili per mantenere l’equilibrio e per ritrovarlo quando, inevitabilmente, la complessità della vita ce lo farà perdere.

Sapere di avere certe caratteristiche non deve metterti nella posizione di pretendere dagli altri un trattamento di favore. Piuttosto, dovrebbe portarti a sviluppare:

  1. una maggior consapevolezza di cosa fa per te e cosa non lo fa,
  2. la scelta di essere auto-responsabile nel proteggerti dagli eccessi di stimoli cui la vita quotidiana inevitabilmente ci sottopone.

Resta in contatto con te stessa

Come sempre conoscere se stessi è la base sulla quale costruire una vita più felice e in linea con sé, che si tratti di relazioni, scelte professionali, la creazione di una nuova impresa o trovare un hobby in cui incanalare la nostra passione e i nostri talenti.

 

È per questo che continuo a studiare e a formarmi, per poter accompagnare con sempre maggior efficacia le persone che si rivolgono a me per un percorso di coaching, nel pieno rispetto delle loro caratteristiche e della propria unicità.

Per saperne di più sull’argomento PAS

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Saper creare emozioni elevate e “positive” è importante per il nostro benessere, ma è fondamentale anche saper accettare e accogliere le emozioni pesanti o “negative” senza scappare né combatterle. Sentirti bene a tutti i costi non è possibile. Questa è la lezione che il mese di gennaio ha portato con sé.

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Prima dell’articolo “Non devi sentirti bene a tutti i costi”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Un gennaio sfidante 

Gennaio può essere un mese difficile e quest’anno lo è stato per molti (me compresa).

Dopo la frenesia delle feste e l’entusiasmo per i buoni propositi, si torna alla normalità. L’inverno è ancora tutto davanti a noi, le ore di luce sono ridotte al minimo, il vero freddo si fa sentire, l’energia è bassa ed è spesso messa alla prova da influenze e mali di stagione. Quest’anno poi c’era anche qualche congiunzione astrale pesante (non me ne intendo, ma tutti gli esperti ne hanno parlato) e per molte persone tutto questo ha dato origine a un senso di fatica, demotivazione, tristezza e, per qualcuno, profondo scoramento.

 

La quasi totalità delle mie clienti e delle amiche con cui parlavo, mi riportavano questa fatica e io stessa, a causa di una momentanea debolezza fisica e stanchezza, ho avvertito internamente il peso di tutte quelle situazioni esterne.

Devi sentirti bene per forza?

Cosa possiamo fare quando le emozioni “negative” colorano di grigio le nostre giornate e ci fanno fare tanta fatica? Ma soprattutto, cosa è meglio non fare?

 

È normale preferire sentirci bene, rispetto allo sperimentare emozioni pesanti o “che contraggono”. Infatti, quello di evitare il dolore e andare verso il piacere è un istinto naturale.

 

Quello che invece non è naturale nè benefico, è opporre resistenza alle nostre emozioni pesanti, negandole, combattendole, o tentando in tutti i modi di evitarle.

È così che fabbrichiamo la sofferenza, senza saperlo, proprio con le nostre mani.

 

“Ciò a cui resisti, persiste”.

Sento l’importanza di parlare di questo perché forse saprai che sono una sostenitrice delle emozioni elevate e dei loro molteplici effetti positivi sul nostro benessere fisico, sulle nostre relazioni, sulla nostra capacità di darci degli obbiettivi ed attenerci ai comportamenti che sostengono la visione che vogliamo realizzare.

 

Ma questo non è in antitesi con il saper accettare le emozioni pesanti, che sono preziose messaggere e consigliere, se sappiamo ascoltarle.

 

La prima cosa da fare è smettere di giudicarle

Non è forse vero che abbiamo imparato a etichettare determinate emozioni come buone o giuste, e altre come come “cattive” o sbagliate?

Prima di rispondere di no 😉 pensa per un attimo se, crescendo, sei stata incoraggiata a vivere totalmente e liberamente i tuoi momenti di rabbia, paura, ansia, disperazione o nervosismo.

E pensa per un attimo cosa pensi di te, oggi, quando ti senti estremamente triste, arrabbiata, svogliata, senza speranza, invidiosa o hai paura di qualcosa.

 

Posso ipotizzare che NON sei stata incoraggiata a vivere liberamente l’intera gamma delle tue emozioni e che non ti piaci un granché quando oggi ti capita di viverle?

Sentiti libera di non sentirti bene 

Abbiamo la tendenza a classificare certe emozioni come “negative”, sbagliate e non desiderabili. 

Così quando le proviamo, tendiamo a giudicare noi stesse come negative, sbagliate e non desiderabili.

Noto questo soprattutto tra le donne che hanno già “lavorato su di sè”, che si impegnano nella propria evoluzione personale e spirituale, come se ci fosse un pensiero di sottofondo che dice:

 “No, di nuovo! Mi sento ancora così?! Non è possibile, proprio io?

Non dovrei sentirmi così, dovrei averlo superato…

C’è qualcosa che non va in me…”

Come se “lavorare su di sè” implicasse essere esenti dalle emozioni con una vibrazione più bassa. Non è così! Quello che cambia è il significato che diamo loro, la consapevolezza che abbiamo, e cosa decidiamo di fare con quei momenti.

 

Inoltre hai mai notato che giudicare le tue emozioni come “negative” ti fa provare un’emozione secondaria, che è a sua volta negativa?

 

Ad esempio: 

Perdi il controllo con i bambini e alzi la voce. O rispondi male al collega sgarbato. Poi ti arrabbi con te stessa per esserti arrabbiata.

O provi vergogna per esserti arrabbiata.

O ti senti triste e impotente per esserti vergognata.

Insomma, hai capito.

 

Quando percepiamo ed etichettiamo qualcosa come negativo o sbagliato, attiviamo la nostra primitiva risposta di attacco-o-fuga, come davanti a qualsiasi altra minaccia (reale o immaginata).

Questo meccanismo ci lascia con due opzioni:

 

1) combattere contro quell’emozione

2) fuggire da quell’emozione

 

ma, come capirai, nessuna delle due strade porta a un benessere a lungo termine.

 

Tutto cambia, invece, se prendi quell’emozione negativa e, anziché di tentare di fuggire via da lei e di forzarti a sentirti bene, distrarti, reprimerla o sostituirla con una più “desiderabile”, scegli di  accettarla e le permetti di esserci.

 

La via per provare più emozioni elevate è dare spazio anche alle altre.

 

Passo 1: guarda quell’emozione con occhi nuovi

Cambia sguardo su quell’emozione, non giudicarla buona o cattiva, giusta o sbagliata, ma chiediti piuttosto:

  •     cosa c’è di buono, in questa emozione?
  •     che messaggio mi porta? 
  •     di quale mio valore parla?
  •     quale mio bisogno mi segnala?
  •     quale aspetto della mia vita mi chiede di cambiare o di affrontare in modo differente?

 

Passo 2 : vivila completamente

Quello che va davvero a sciogliere quell’emozione dolorosa, è smettere di tentare di resisterle o combatterla e, al contrario, prenderti lo spazio ed il tempo per concentrare tutta la tua attenzione su quella sensazione (non sui pensieri che ti dicono “sto male per questo, o quest’altro” – solo sulla sensazione)

  •      senti e sii completamente presente alla sensazione.
  •    sii l’osservatore: osserva le tue emozioni e i tuoi pensieri senza identificarti con essi: tu non sei i tuoi pensieri, e non sei le tue emozioni
  •     non etichettare i tuoi pensieri e sensazioni come “positivi o negativi”, giusti o sbagliati- osservali soltanto, come fossero pesci in un acquario

 

Passo 3: inizia a creare qualcosa di diverso

Soltanto dopo che hai fatto questo, puoi spostare la tua attenzione in una direzione di creazione.

Puoi farlo così: 

  •   chiediti quale bisogno c’è dietro a quell’emozione “pesante” e in quale altro modo potresti soddisfarlo
  •     scrivi una lista di cose che sei desiderosa di fare
  •     scrivi 5 cose che apprezzi e 5 cose di cui sei grata, e continua a farlo per un po’ di giorni
  •   inizia a cercare opzioni per cambiare qualcosa della situazione che ti ha generato l’emozione Esempio: se ti senti indispettita perché il tuo collega per l’ennesima volta non si è preso le sue responsabilità al lavoro, e questo è ricaduto su di te, inizia a chiederti cosa potresti fare invece di subire. – Potresti parlargli chiaramente e fare una richiesta.
    – Potresti smettere di coprire le sue mancanze facendo tu.
    – Potresti segnalare il fatto a chi di dovere.
  •     nel raro caso in cui sia davvero impossibile intervenire, cerca opzioni per cambiare il tuo focus o il significato che dai alla situazione

 

In conclusione: Non devi sentirti bene a tutti i costi

La strada della vera trasformazione, del vero benessere, quando parliamo di emozioni, è quella di accoglierle, accettarle, sentirle. E solo poi indirizzare i nostri pensieri e la nostra energia in luoghi più produttivi.

 

La prossima volta che ti verrà da opporre resistenza a un’emozione spiacevole, ricordati di questo post che hai letto. Allarga le braccia e invita l’emozione ad esserci e ad attraversarti. 

Questo ha aiutato molte delle mie clienti a sciogliere le emozioni pesanti del mese appena passato… e ha aiutato molto anche me!

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Disciplina: se a sola parola ti dà fastidio, ecco cosa devi sapere

Disciplina: se a sola parola ti dà fastidio, ecco cosa devi sapere

La parola disciplina mi ha sempre fatto l’effetto delle unghie sulla lavagna, finché non ho aperto la visione. Scopri come.

La parola disciplina mi ha sempre fatto l'effetto delle unghie sulla lavagna, le briciole nel letto, la sabbia intrappolata nell'asciugamano che si versa sul pavimento quando rientri dalla spiaggia.

La parola disciplina mi ha sempre fatto l’effetto delle unghie sulla lavagna, le briciole nel letto, la sabbia intrappolata nell’asciugamano che si versa sul pavimento quando rientri dalla spiaggia.

 

Sono una convinta sostenitrice del “seguire la gioia” e non lo sforzo. Aborro l’idea degli obiettivi raggiunti con le unghie e coi denti, con “sangue, sudore e lacrime” e che ti lasciano stressata/o e senza forze..

 

Affermazioni tipo “Se vuoi puoi”, “Devi crederci di più”, e “Se non puoi, allora DEVI” non hanno mai attecchito dalle mie parti e il mio approccio alla realizzazione e al successo personale ha molto più a che fare con l’accompagnarsi amorevolmente ad esprimere le proprie caratteristiche in modo rispettoso di sè stessi, del proprio sentire e delle proprie caratteristiche uniche.

 
Una disciplina morbida

Seguire questo approccio morbido mi era sempre sembrato in antitesi alla parola disciplina, che mi aveva sempre evocato la cieca obbedienza agli ordini che viene richiesta all’interno di un esercito o la durezza nel portare a termine gli impegni presi ignorando stanchezza, dubbi e bisogni differenti- anche quello di cambiare idea.

Insomma, ho sempre visto la disciplina come intransigenza, come un costringersi, come un ignorare qualsiasi insorgenza interna, anche se sana e giusta.

 

Finché un giorno ho sentito, o letto, o elaborato da qualcosa che ho visto -non so più dirlo- una definizione di disciplina che ha capovolto la mia visione e ha ampliato notevolmente i miei orizzonti:

 

Disciplina è l’applicazione concreta, nella quotidianità, di una visione più ampia che abbia 

SENSO e VALORE per TE.

SBADABAM!

 

Ma allora sì, allora certo che era qualcosa di necessario (e anche qualcosa che nella mia vita era sempre stato presente, in qualche forma, anche se non proprio in ogni campo… 😉 )

 

Se anche tu hai una sorta di avversione all’idea di disciplina, ma allo stesso tempo non sei così tanto soddisfatta/o di alcuni tuoi risultati, continuando la lettura troverai qualcosa che potrà aiutarti ad avere una maggior soddisfazione. Insomma, forse potresti cambiare idea anche tu.

 

Segui la gioia

Seguire la gioia, fare ciò che senti, evitare lo sforzo, affidarti al tuo sistema-guida interno, sono tutte indicazioni giuste nelle quali credo profondamente. 

Tutto questo però non è in antitesi con la necessità di una certa disciplina (come pensavo una volta), ma si sposa alla perfezione.

Non si tratta di “seguire la gioia in ogni momento oppure vuol dire che sei sulla strada sbagliata”, si tratta di scegliere progetti e obiettivi che ci danno gioia, perché hanno senso per noi, e poi perseguirli senza pretendere di essere in estasi in ogni singolo momento durante il percorso.

 

Se scegli i tuoi impegni, progetti, obiettivi in piena consapevolezza, la disciplina ti permette di perseverare anche quando incontrerai una certa resistenza, esterna o interna. La disciplina ti permette di dire no alle distrazioni, all’eccesso di improvvisazione basato sul sentire del momento (io ex campionessa del mondo), alle richieste e pressioni esterne, alle deviazioni e alle dispersioni del tuo preziosissimo tempo.

Una visione New Age ci ha portati a credere che non dovremmo mai sentire attrito, mai fare fatica, che tutto dovrebbe essere piacevole, e che se non lo è significa che “non è nel nostro destino”

 

Non è corretto.

Una certa dose di disagio fa parte di ogni processo di crescita, è un ingrediente di ogni realizzazione significativa, di ogni impegno che decidiamo di portare avanti. 

 

Prova a pensare al desiderio di avere un figlio, per chi ce l’ha o lo ha avuto. 

Il travaglio non è certo una passeggiata di salute, a volte nemmeno la gravidanza lo è. Il parto è un’esperienza impegnativa e quasi sempre dolorosa, oltre che meravigliosa. E da lì in poi, non è necessariamente facile” o “senza attrito”. I problemi di allattamento, le coliche del bimbo, le notti in bianco… e poi avanti. Eppure affrontiamo quei disagi come parte integrante di una visione più grande che ha un senso per noi.

 

Il disagio può portare un messaggio

A volte il disagio può essere certamente un campanello, che ci avvisa che c’è un messaggio per noi che vuol essere letto. Ma sarebbe un errore pensare che il campanello stesso ci dica che “è meglio cambiare strada, perché non dovresti mai sentire disagio”.

 

Per avanzare, in qualsiasi cosa, troveremo sempre qualche forza oppositiva: 

  •     abbiamo deciso di alzarci presto al mattino per fare ginnastica, ma vorremmo rimanere a letto e continuare a dormire; 
  •     abbiamo deciso che ci fa bene meditare 10 minuti al giorno, ma quando arriva l’ora non ne abbiamo voglia; 
  •     vogliamo passare del tempo di qualità con nostro figlio, ma quando si tratta di giocare con lui siamo troppo stanche e vorremmo piazzarlo davanti alla tv;
  •     abbiamo deciso di essere presenti online, ma quando arriva il giorno di scrivere un blog post siamo a corto di idee e la frustrazione è a mille;
  •     sappiamo che tolleriamo male certi cibi, ma nel momento di fare la spesa o ordinare al ristorante, la tentazione di cedere alla gola ci fa vacillare.

 

La disciplina “sana” significa sapere che è normale incontrare queste forze oppositive, queste resistenze, ascoltarle e comprendere cosa c’è sotto, ma perseverare nella direzione dei nostri valori più profondi.

 

Non avere disciplina significa essere in balia delle proprie emozioni, dei propri pensieri e del proprio corpo.

Sicuramente le emozioni, le sensazioni del nostro corpo e a volte anche i nostri pensieri, portano messaggi importanti da ascoltare, ma quei messaggi vanno sempre inseriti nel contesto più ampio dei valori e di ciò che abbiamo consapevolmente deciso per noi.

 

Senza disciplina non si va lontano…

Se non accetti l’utilità della disciplina, se non ne riconosci l’importanza, sai qual è il rischio?

Il rischio è che ogni segnale del tuo corpo, della tua mente o emozione viene interpretato come un segnale di STOP, come un consiglio della tua anima di mollare il progetto, che quella cosa non faceva per te o non era inscritta nel tuo destino… 

Non avere disciplina significa fare il gioco delle tue resistenze, anche di quelle che invece andrebbero trasformate e integrate.

E la fregatura è che pensiamo che questa sia la libertà, mentre invece stiamo facendo il gioco delle nostre forze oppositive, che dovremmo riconoscere e di cui dovremmo occuparci. Credimi, so di cosa parlo…

 

Per esempio, dietro una certa resistenza potrebbe esserci una convinzione limitante: un’esperienza che abbiamo vissuto in passato, direttamente o indirettamente, potrebbe averci fatto concludere che i nostri sforzi non portano a nulla, o che non vale la pena darsi da fare nè rischiare… In questo caso è importante individuare la convinzione ostacolante e lavorarci, di modo che smetta di sabotare le nostre iniziative infrangendo i nostri sogni e sgretolando la nostra autostima.   

 

Inserire un po’ di disciplina nella tua vita è ben lontana dal rischiare di ignorare i tuoi segnali interni, non significherà che non potrai più cambiare idea o fermarti. Non diventerai un Caterpillar che travolge tutto quello che si trova davanti.

 

Nella disciplina (quella sana) trovi la vera libertà

Negli anni ho compreso che la mancanza di una sana disciplina è di gran lunga più distruttiva, perché a lungo andare distrugge i tuoi progetti, sogni, impegni, relazioni fino a erodere completamente il tuo senso di essere capace di realizzare le cose e la tua voglia di fare progetti. Si chiama incapacità appresa, ed è una menzogna su di te.

 

Non siamo venuti al mondo per desiderare passivamente, sperando che la fatina buona o l’Universo siano in ascolto e siano liberi per recapitarci il nostro dono a domicilio.

 

Siamo venuti al mondo per desiderare e per muoverci attivamente e concretamente per realizzare i nostri desideri, lasciando la nostra impronta positiva sul pianeta: e questo può avvenire solo se metti in preventivo di accettare qualche disagio.

E avanzare nonostante il disagio, significa proprio avere disciplina.

 

Insomma, la disciplina è la polvere magica che ti permette di dare forma ai tuoi sogni, progetti e desideri. 

Magari anche con l’aiuto della fatina buona e dell’Universo, ammesso che siano liberi 😉

Se senti che vuoi  fare chiarezza e sbloccare la situazione, posso affiancarti nel tuo cammino. Con un pizzico di disciplina, ma anche tanta leggerezza. 

IL CAMMINO DELLA LEGGEREZZA

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