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Nuovo anno, come viverlo al meglio?

Nuovo anno, come viverlo al meglio?

Chi ben inizia è a metà dell’opera, questo è sicuro. Ti accompagno in un percorso per pianificare il tuo nuovo anno. 

Planner con penna appoggiata - pianifica nuovo anno

Prima dell’articolo “Nuovo anno, come viverlo al meglio”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Diventa ciò che realmente sei

Sono tempi sfidanti i nostri. Tutto ciò che conosciamo, quello che abbiamo imparato e impariamo viene costantemente superato e nessuno di noi sa dire quali cambiamenti dovremo affrontare non solo nei prossimi 10 anni, ma nei prossimi 10 mesi.

 

Questi tempi ci richiedono di avere una grande forza d’animo e una grande flessibilità, creatività, intuizione, per poterci muovere in modo armonioso attraverso tutti i cambiamenti che avvengono attorno a noi. 

Questo non ci esonera però dal fare dei piani, dei progetti, dallo stabilire quali risultati vogliamo creare e quali mete vogliamo attraversare nel breve e lungo periodo.

 

Serve quindi un metodo, un sistema nuovo che ci permetta di avere una direzione chiara e degli obiettivi flessibili.

 

Gli obiettivi sono sopravvalutati

Perché vogliamo quello che vogliamo? Perché vogliamo raggiungere determinate mete?

Se da un lato il desiderio di migliorare noi stessi e le nostre condizioni di vita è parte della natura umana, dall’altro vivere rincorrendo obiettivi può essere estenuante.

 

L’errore diffuso è quella di legare la nostra soddisfazione e la nostra felicità a quando l’obiettivo verrà raggiunto. 

Lo vedo tutti i giorni, soprattutto con gli imprenditori, ma anche con gli studenti e, a dirla tutta, con le persone di tutti i tipi. Qualsiasi persona tende a sovrastimare l’effetto positivo dell’obiettivo raggiunto e la felicità che se ne può ricavare, e questo porta con sé tre effetti negativi:

 

1- La soddisfazione è sempre rimandata

Se sarò felice solo quando raggiungerò un determinato obiettivo (e magari ci vogliono 5 mesi,  5 anni o una vita) non riuscirò a godermi il viaggio, a godere il presente, a vivere pienamente nel frattempo: sarò sempre spostato in un futuro che non è mai qui e ora.

 

2- La gioia dura un soffio

Una volta raggiunto l’obiettivo, mi sentirò da dio per 5 minuti (o 5 giorni nel migliore dei casi) e poi ecco di nuovo quel senso di vuoto, quel bisogno di mettermi un altro traguardo a cui legare l’illusione della mia realizzazione personale, autostima, felicità.

 

3- La vita passa in secondo piano


Nella rincorsa da un traguardo all’altro dedicherò la stragrande maggioranza del mio focus, tempo ed energie al mio obiettivo, e nel frattempo ci saranno aree della mia vita che languiranno o addirittura cadranno a pezzi. E questo non è mai sostenibile nel lungo periodo né può essere fonte di vera soddisfazione e felicità.

 

 

La vita è molto più che raggiungere obiettivi

Come sarebbe invece se tu sentissi un senso di autostima, di realizzazione personale, di felicità a prescindere dagli obiettivi?

E se queste emozioni positive fossero il carburante che ti permette di creare risultati e progetti, per il solo fatto che è parte di te (ma non come condizione per la tua felicità)?

 

Questo non è solo il mio augurio per te, ma è anche l’invito a partecipare a una giornata intensiva che ti permetterà di creare tutto questo per i prossimi 12 mesi. Te ne parlo nel prossimo paragrafo.

Crea il tuo anno, a partire da te.

Durante una giornata intensiva in presenza getteremo insieme le basi per un nuovo anno che si svilupperà attorno a te, alle tue caratteristiche uniche, ai tuoi desideri, ai tuoi bisogni, ai tuoi valori.

 

Ti guiderò attraverso una sorta di “tagliando interiore” che ti permetterà di viaggiare sicura/o e di avere chiara la tua direzione per i prossimi 12 mesi.

Una giornata per prepararci al nuovo anno

Useremo logica e intuizione, razionalità e creatività, emisfero destro e sinistro, cervello e cuore per pianifiCREARE il tuo 2024.

 

Alla fine della giornata avrai compilato il tuo workbook che fungerà da gps e da promemoria per il tuo viaggio, avrai la chiarezza dei progetti a cui vorrai dedicare tempo ed energia, avrai chiaro cosa vuoi lasciar andare e avrai un metodo per non perderti per strada a metà febbraio.

In più, se lo vorrai, avrai il supporto mio e del gruppo, di persone che, come te, vogliono portare avanti tutto ciò che è importante nella propria vita e vogliono farlo rispettando se stesse e sentendosi bene.

 

Iniziamo bene il nuovo anno

 

Per un 2024 ricco di soddisfazioni, in cui riconoscerti ogni giorno, ti aspetto a Trieste il 14 gennaio per Crea il tuo anno, a partire da te.

Non sei della zona? Lascia i tuoi dati e iscriviti alla lista d’attesa per il percorso online. Ti comunicherò la data a breve.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Idea di felicità: diritto, scelta o stile di vita?

Idea di felicità: diritto, scelta o stile di vita?

L’idea di felicità che abbiamo si trasforma e si modifica nel corso della nostra vita. Ti racconto la mia esperienza in questo nuovo articolo!

Un’infanzia gioiosa

Da bambini non ci poniamo domande sulla felicità: viviamo intensamente quello che c’è, buono o meno buono, come se fosse l’unica cosa possibile.

Siamo mossi da qualcosa e lo facciamo: esploriamo, andiamo in bicicletta, giochiamo con gli animali, ci muoviamo intensamente, ascoltiamo storie, inventiamo storie…

O almeno questo era vero per i bambini della mia generazione, che andavano a scuola fino alle 12.30 e poi avevano un sacco di tempo libero. Scorrazzavamo liberi, inventavamo giochi, passeggiavamo a casa degli amici da soli, ci annoiavamo, andavamo in bicicletta senza caschetto e senza alcuna paura. Andavamo a letto dopo Carosello, tanto alla sera in tv non c’era niente di adatto a noi.

Eravamo fortunati perché non eravamo l’agenda piena come i bambini di oggi (almeno fino a prima del Covid-19). Si sa, dal vuoto nascono tante cose.

Da bambini la felicità è l’essenza di ciò che siamo, e ogni bambino avrebbe diritto a crescere in un ambiente dove questa felicità venga tutelata e garantita.

Il diritto alla felicità

Molte persone crescono ma continuano a pensare che questo diritto corrisponda al dovere di qualcun altro che, se non soddisfa i nostri bisogni e richieste, diventa “brutto e cattivo”.

Invece questo diritto passa direttamente nelle nostre mani, e abbiamo la responsabilità di occuparcene in prima persona: ho diritto ad essere felice e ho il dovere di occuparmene io stessa/o.

Come è cambiata la mia idea

Se cerco di ricostruire come sia avvenuto il passaggio da una felicità praticamente permanente come quella dei primi anni di vita, a una condizione più intermittente, a una condizione dettata da una o l’altra circostanza, prima di diventare di nuovo una condizione più stabile, mi sembra di rinvenirne le tracce negli anni delle elementari.

Negli anni dell’infanzia mi sentivo amata e apprezzata per quella che ero e semplicemente vivevo esprimendo le mie caratteristiche. Ciò è cambiato con l’inizio della scuola: qui ho i primi ricordi di paragoni e confronti con gli altri bambini e con diverse situazioni.

I paragoni non aiutano

Era il tempo delle prime le interazioni sociali non mediate dalla famiglia e ricordo di aver avuto pensieri come “la nostra casa è meno bella di quella di Paola”, “sono più magra di y” (e generalmente, a detta di tutti, ero sempre troppo magra!). “A salto in alto sono più brava di tutte le femmine della mia classe”; “Alessandra è più brava di me in aritmetica”. “Mio papà fa il lavoro più importante di tutti”; “Mia mamma è più elegante delle altre mamme”; “mia sorella è più brava di me a ginnastica”. Ognuna di queste valutazioni aveva il potere di farmi sentire più o meno bene, più o meno adeguata alle situazioni – e a questo si sommavano le valutazioni che fioccavano dall’esterno.

Soddisfare la condizione diventa vitale

Da lì è nata probabilmente l’idea che se avessi soddisfatto una certa condizione, sarei stata più felice. Alcune di quelle condizioni, non erano affatto modificabili, su altre ci si poteva lavorare, e altre ancora potevano realizzarsi con una certa facilità (come quella di ricevere una seconda Barbie per Natale).

Più o meno in quel periodo molte delle scelte iniziano ad essere condizionate da quello che pensiamo di ottenere “alla fine”, come risultato. Dimenticando, però, che gran parte della felicità deriva dal processo, dall’impegno che mettiamo, dall’utilizzo progressivo delle nostre capacità e del nostro potenziale che si libera.

La sfida con me stessa

Ricordo per esempio il giorno che con la scuola eravamo al campo sportivo per una gara di atletica, e io gareggiavo per i 60 metri piani, dove ero veramente capace.

Avevo scoperto chi fossero le mie avversarie, e pur sapendo che la gara sarebbe stata impegnativa, sapevo anche che avevo buone probabilità di vincere, dato che negli allenamenti le avevo già battute tutte.

Ad un certo punto però mi comunicarono che avrei dovuto gareggiare con le più piccole (ovvero, si erano accorti che IO ero un anno più piccola, avendo saltato la prima elementare, e quindi avrei dovuto gareggiare con quelle della mia età). Sapevo che quel gruppo era ancora più facile da battere, avevo praticamente la vittoria in mano… ma scoppiai in lacrime e non volli più partecipare alla gara. Certo, una scelta un po’ drastica e molto emotiva, ma ciò che volevo, evidentemente, non era vincere, bensì guadagnarmi la vittoria mettendo tutta me stessa. 

Il vero problema con la felicità è quando iniziamo a credere che sia quello stato che possiamo ottenere unicamente quando raggiungiamo gli obbiettivi e appaghiamo – o gli altri appagano –  i nostri desideri (o capricci). Finiamo così imprigionati in una spirale di insoddisfazione in cui la nostra natura felice si allontana sempre più da noi…

Ma c’è un’alternativa.

Felicità come scelta personale

Quando vivi la felicità come scelta personale e responsabile, ecco che ti impegni con te stessa/o a riconoscere una direzione buona per te e ad avere delle pratiche che ti permettano di far riaffiorare quella tua natura, incrementandola e rafforzandola ogni giorno, a prescindere dalle circostanze.

Nessuno di noi una volta che si è fatto la doccia dice “ora sono pulito” e smette di lavarsi. Non c’è chi, dopo aver rassettato la casa pensa “Bene, ora è a posto e non devo più occuparmene”. Neanche uno penserebbe che dopo aver innaffiato abbondantemente una pianta, non serva farlo mai più.

Eppure per quanto riguarda il nostro benessere e la nostra felicità, poche persone comprendono che è una piccola ma costante manutenzione da fare, e sono disposti a farla.

Ecco perché io vedo la Felicità come scelta dapprima, e poi come stile di vita.

Uno stile di vita che preveda uno spazio per l’ascolto di sè, per l’auto -conoscenza, per il vuoto – in cui non fare ma solo essere presenti. Che preveda l’abitudine di respirare,  muovere il proprio corpo, contattare le proprie passioni e nutrire le relazioni.

C’è un proverbio che dice: 

Per essere felice hai bisogno di qualcuno da amare, qualcosa da fare e un luogo dove andare.

Questo, se ci pensi, è sempre possibile.

Perché se anche ci fossero dei momenti in cui ti sembra di non avere nessuno da amare, quella persona puoi scegliere di essere tu.

Qualcosa da fare non è essere affaccendati in mille attività che hanno lo scopo di tenerti impegnata e farti sentire di avere una certa importanza, ma significa piuttosto sentire di stare dedicando il tuo tempo – o almeno una parte di esso – a qualcosa che abbia un senso, a crescere, imparare qualcosa, creare e condividere.

Un luogo dove andare significa una direzione, avere dei desideri verso i quali tendere, perché attraverso la dedizione a quei desideri e progetti (ammesso che siano veramente “tuoi”) si libera e si esprime il tuo potenziale. Nei momenti in cui non sai dove andare, puoi andare dentro di te, dove quello stato che cerchi, c’è già.

Concludendo, sulla felicità

Come diceva Aristotele, una vita felice la si può giudicare solo nel suo insieme, ed è una vita che è stata protesa verso l’espressione del proprio pieno potenziale.

Se sei in un momento in cui ti piacerebbe fare il punto della situazione, se vuoi utilizzare questi mesi per ripartire con chiarezza e slancio a settembre, contattami per valutare insieme il percorso breve di Coaching più adatto a te.  

È più facile essere tristi (arrabbiati, nervosi, preoccupati) che felici? Tutta colpa del tuo cervello

È più facile essere tristi (arrabbiati, nervosi, preoccupati) che felici? Tutta colpa del tuo cervello

Per fortificarti e non farti manipolare dagli stimoli negativi serve allenare la corteccia prefrontale sinistra nel tuo cervello.

Pensa a una tua giornata tipo. Togliendo le ore in cui dormi, se hai la fortuna di dormire bene, quanto tempo trascorri sentendoti veramente veramente bene e con un senso di pienezza?

E quanto invece  le tue emozioni e sensazioni virano più verso la tensione, il fastidio, la preoccupazione, la paura, l’esasperazione, la frustrazione; o ancora ti senti arrabbiata, indignata, sconsolata o con un senso di mancanza?

Se sei come la maggior parte delle persone con cui mi interfaccio per lavoro, ma anche nella vita, risponderai che normalmente per più della metà del tempo (per qualcuno molto di più) vivi le emozioni della seconda categoria, piuttosto che quelle del benessere.

Ti ci ritrovi? Forse tu no, ma sono sicura che in un attimo puoi pensare a un sacco di persone che conosci e che rientrano perfettamente in quella descrizione.

Come mai?

Se ci pensi viviamo in un periodo storico dove le persone dispongono di comodità che una volta sarebbero sembrate un lusso inimmaginabile: tutti hanno cibo in abbondanza, una casa in cui vivere, uno smartphone, il wifi, acqua calda e luce in casa, un mezzo di trasporto e la copertura sanitaria- eppure questo non ci rende più felici di quanto lo fossero generazioni che ci hanno preceduto e che mediamente avevano molto meno.

Come mai?

Tutta colpa del tuo cervello 😉 

Seguimi, perché stai per scoprire una delle ragioni per cui è più facile sentirsi tristi, infastiditi o preoccupati, che felici – e come porvi rimedio.

Il nostro cervello è la creazione più sofisticata dell’universo, e si è evoluto in milioni di anni.

Noi viviamo in un ambiente che negli ultimi 100 anni si è trasformato a una velocità e in modi e mai visti prima, ma il nostro cervello non si modifica così velocemente. Questo fa sì che alcune sue funzioni, così adatte quando i pericoli per la nostra sopravvivenza erano reali e continui, non giocano a nostro favore nell’ambiente attuale.

L’area del nostro cervello più recente, quella che ci distingue dagli animali (o almeno dovrebbe) è la corteccia prefrontale. Lì sono state individuate due diverse aree che si attivano in presenza di attività per così dire “opposte”, e che sostengono rispettivamente quel tipo di attività.

E’ stato infatti scoperto, che quando ci preoccupiamo, sperimentiamo tensione, siamo arrabbiati, o ci arrivano informazioni “negative” come quelle dei media, si attiva la corteccia prefrontale destra.

La sua dirimpettaia, corteccia prefrontale sinistra, detta anche “l’area dell’Illuminazione” in quanto particolarmente attiva e sviluppata nei monaci tibetani, molto dediti alla meditazione, è invece l’area dove troviamo attività quando stiamo davvero bene e la nostra mente è calma.

Secondo te quali delle due parti sarà più attiva nel tuo cervello iper sollecitato?

Esatto: l’area destra è più sollecitata e quindi anche più pronta, reattiva e interventista rispetto alla sua collega sinistra. Potremmo paragonarla al bicipite di un culturista, il bicipite di Arnold Schwartzenegger dei tempi d’oro.

Ma cosa ha reso questo “bicipite” così ipertrofico? Un certo tipo di nutrimento: le notizie dei telegiornali -che non sono “buone notizie”- le scene ansiogene di film e videogames, con violenze fisiche e verbali, sparatorie, inseguimenti, omicidi e rapimenti; ma anche i litigi nei reality o gli alterchi nelle trasmissioni politiche;  l’incertezza del domani, il Covid e tutto quello che gli si è creato attorno. 

Ma, se ci penso, anche il cartone di Biancaneve, del buon vecchio Walt Disney, conteneva un bel po’ di nutrimento per la nostra CPD. E anche i documentari, di cui sono sempre stata una fervida consumatrice, ultimamente puntano ad un sensazionalismo al negativo, dove lo squalo non è solo un pesce predatore, ma è un crudele e sanguinario assassino, il serpente è una terribile e feroce minaccia, il ragno è un implacabile killer dalla crudeltà premeditata.

E di cosa si nutre, invece, la CP sinistra? si nutre di bellezza, emozioni che espandono, gioia, gratitudine, immagini positive, presenza consapevole. Essendo meno “nutrita”, meno sollecitata, è un po’ come il bicipite di uno smilzo che non ha mai sollevato più di una borsina della spesa piena solo a metà.

Quando c’è da affrontare una qualsiasi situazione, quale delle due aree pensi che ti farà sentire maggiormente la sua forza? Sarà il bicipite di Schwazenegger o quello del nostro amico smilzo?

Esatto, ti sei risposta da sola. Il bicipite di Schwarzenegger. 

D’altra parte, il “bicipite sinistro” è talmente poco allenato e smilzo da venire sopraffatto e non riuscire a fare la sua parte. È come se non si aspettasse di essere interpellato (meno lo si usa, e meno si aspetta di esser chiamato in causa)  e le volte che interviene, il suo contributo viene sovrastato prepotentemente dal suo collega super allenato.

Andrà più o meno così: 

Ti si prospetta  la possibilità di un nuovo progetto di lavoro, quand’ecco sopraggiungere pensieri su tutti i rischi possibili e impossibili, su tutte le cose che sono andate storte in passato e su tutte quelle che sicuramente andrebbero storte in futuro; ecco nascere una sensazione di paura e preoccupazione, che ti fa desistere, o ti fa partire prevenuto e pronto alla profezia auto-avverante.

Sei in un momento di relax. La tua mente vaga finché, ad un certo punto, ti porta a focalizzarti sullo sgarbo che ti ha fatto quella collega, su quanto sia ingiusto il tuo capo/socio/vicino di casa, fino a farti concentrare su tutti gli aspetti negativi della tua vita.

Stai vivendo un problema reale (di lavoro, relazionale o di salute) e un po’ alla volta diventa pervasivo, offuscando qualsiasi altro aspetto della tua vita, occultando alla tua consapevolezza ogni aspetto positivo che sia comunque presente nella tua vita, probabilmente in percentuale notevolmente maggiore.

Questi erano alcuni casi di “corteccia prefrontale destra al lavoro”.

Perché è necessario allenare la felicità?

Tutto questo si può sovvertire, in due modi:

1- riducendo gli stimoli alla CP Destra, diventando consapevole di quali siano e non facendo inutili scorpacciate di negatività (parzialmente in tuo potere)
2- allenando la CP Sinistra (totalmente in tuo potere)

Ecco cinque cose che puoi fare da subito per allenare la tua CP Sinistra (e di conseguenza il tuo stato di benessere):

  1. durante la giornata, cogliere gli aspetti positivi di una situazione, di un luogo, di una persona
  2. dare un feedback positivo e sincero a un amico, un collega di lavoro, un collaboratore o una persona amata
  3. fare dei piccoli atti di gentilezza gratuita, come cedere il biglietto del parcheggio a uno sconosciuto con ancora di tempo, lasciare un “caffè sospeso” anonimo, lasciar passare qualcuno ad un incrocio
  4. notare la bellezza ovunque intorno a te
  5. a fine giornata, scrivere 3 cose per cui essere grata (e trovarle anche nelle giornate peggiori) (ti invito a creare una stories di Instagram, taggarmi @gina.abate.coaching e mettere l’hashtag #lagioiadelgiorno . Sarò felice di condividerla nelle mie stories)

E se vuoi allenarti davvero, ho creato un percorso fatto apposta per questo.

Nel mio corso Le pratiche della Felicità andiamo proprio ad allenare e fortificare la corteccia prefrontale sinistra e a spegnere l’eccesso di attività in quella destra. 

Fortificare “l’area dell’illuminazione” ci rende più felici e capaci di apprezzare, più capaci di notare e cogliere opportunità, più inclini ad ascoltarci e fare scelte adatte a noi.

Ti piacerebbe entrare nel percorso e allenarti alla felicità? Puoi! Clicca qui e iscriviti oggi!

Ti racconto perché fotografo i tramonti

Ti racconto perché fotografo i tramonti

Le cose che fai, anche quelle apparentemente banali, ti possono rivelare qualcosa di importante su di te, come i tuoi Bisogni e Valori. Ecco cosa mi ha rivelato la mia passione per i tramonti. 

Non ricordo bene quando sia iniziato. Probabilmente da bambina, insieme alla mia passione per la Natura e per gli animali. Probabilmente ho imparato ad amarli ancora di più quando d’estate cenavamo tutti insieme in poggiolo e ne potevo ammirare la bellezza circondata dall’amore di mamma e papà, o quando restavamo in spiaggia fino a tardi immersi in quella atmosfera un po’ sospesa. Forse le vacanze al mare e i posti esotici visitati, con profumi, colori e sensazioni nuove, hanno aumentato questa mia passione. E certo, qualche passeggiata lungomare al crepuscolo mano-nella-mano li avrà resi ancora più indelebili nel mio archivio emozionale.

Fatto sta che ho sempre amato i tramonti e che appena posso cerco di catturarne la bellezza non solo con gli occhi, ma anche con le mie – sebbene scarse- capacità fotografiche. Ma si sa, quando il soggetto è bello, il fotografo può anche non eccellere.
Non ci avevo mai riflettuto, è semplicemente una cosa che amo fare. Ma proprio scrivendo e lavorando sul tema dei Bisogni, uno dei 9 Pilastri della Felicità secondo la Scienza del Sè, ho compreso le radici profonde di questo mio gesto: fotografare tramonti è un modo di nutrire alcuni  dei miei bisogni e valori fondamentali. 

I tramonti sono vari e sono unici.

Il tramonto è una grande espressione di varietà. La Natura non fa fotocopie e difficilmente possono esistere due tramonti uguali. A seconda della stagione, della presenza o assenza di vento o di nuvole, della temperatura, si creano colori e forme imprevedibili e sempre nuovi. A Trieste, dove vivo io, il sole tramonta sul mare e questo offre ulteriore varietà per l’osservatore. Il mare che accompagna il tramonto può essere agitato, calmo, con le onde più o meno alte e rumorose e tutti questi fattori mischiati tra loro creano ogni volta uno spettacolo unico

I tramonti sono pieni di meraviglia.

Nei tramonti vedo un’infinita bellezza, che per me è sia un valore che un bisogno. Credo che la bellezza abbia il potere di farci stare bene perché credo contenga l’idea di  bene, di “buono”, di armonia come gli antichi Greci ci insegnano. È un linguaggio universale, che travalica tempi, culture e situazioni; è lì per noi, e tutti ne possiamo godere e lo possiamo comprendere. Fa bene al cuore.
Ecco perché fotografo e condivido, per diffondere la bellezza che vedo, e non tenerla per me, nella certezza che a qualcuno quel bello farà bene.

Esprimono amore e unione.

Nella bellezza della natura di cui il tramonto è espressione, io ci vedo l’amore, la presenza dell’energia universale, di quell’”essenza”, quel divino. Insomma di quel qualcosa di più grande di noi che si dona senza chiederci niente in cambio e che in quei momenti diventa palpabile. Il sole è per me una delle espressioni più grandi dell’amore incondizionato: ci regala luce e calore, che sono assolutamente indispensabili per la nostra vita, esattamente nella misura in cui arrivano. Ci hai mai pensato? Se sulla Terra ci fossero 10° in più rispetto alle massime attuali o 10° in meno rispetto alle minime, probabilmente diventerebbe un luogo inospitale e non esisterebbero più le condizioni necessarie alla vita. Nei tramonti, quindi, riscontro questo amore incondizionato, e allo stesso tempo un grande equilibrio.

I tramonti sono anche un mezzo per  vivere un senso di amore e connessione con me stessa e con il tutto. 

E il bisogno di amore e unione è un altro dei bisogni fondamentali di ogni essere umano. Me e te comprese.

Nei tramonti c’è sicurezza.

Non è forse rassicurante vedere il sole che tramonta con la fiducia che domani mattina sorgerà di nuovo? Magari sarà coperto dalle nuvole, ma in ogni caso ci sarà un nuovo giorno, tornerà la luce e questa è una sicurezza fondamentale, di cui ogni essere umano ha bisogno.

Infondono pace.

I tramonti mi infondono un senso di pace. Vedere il sole abbassarsi lentamente all’orizzonte fino a scomparire inghiottito dal mare, mi trasmette una calma profonda che rimane con me a lungo. Il respiro rallenta, i pensieri si placano; le tensioni e gli affanni della giornata si scaricano e si crea maggior spazio per accogliere il nuovo.

E ora, consapevolizza qualcosa per te.

Possiamo fare ogni cosa in modo veloce, distratto e inconsapevole, o soffermarci e assaporare, comprendere, nutrirci.

Riconoscere i tuoi valori, così come individuare i tuoi bisogni ed i mezzi che usi per appagarli, sono aspetti importanti per la consapevolezza di chi sei veramente e per orientare le tue scelte, per questo ne sto scrivendo in questo blog. 

In ogni cosa che fai (o che non fai) c’è il tentativo di soddisfare i tuoi bisogni, ed è fondamentale che tu lo faccia rispettando i tuoi valori, altrimenti la tua soddisfazione e la stima che hai di te stessa ne risentiranno. Le due sfere si devono muoversi all’unisono, ed è solo nostra la responsabilità e il potere di capire come soddisfare entrambi. 

Quindi ora pensa alle cose che ami fare, che ti appassionano e ti fanno stare bene. Ripensa ai 6 valori fondamentali secondo la teoria di Robbins-Madanes: sicurezza, varietà, amore-unione, importanza, crescita e contribuzione (ne ho parlato in questo mio articolo) Quali bisogni soddisfi attraverso quel comportamento?

E soprattutto inizierai a capire che quando qualcosa non ti soddisfa c’è sotto un bisogno che urla per avere la tua attenzione, oppure un bisogno che stai soddisfacendo andando contro i tuoi valori.

Fammi sapere le tue scoperte e fammi pure le tue domande. Sarò felice di leggerti e di risponderti!

Un abbraccio, 

Gina

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