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Mettiti al centro: prendi il tuo tempo

Mettiti al centro: prendi il tuo tempo

Il tempo per noi stesse è importante, anche per gli altri.

Oggi vorrei parlarti di uno dei temi che sento ricorrere maggiormente tra le mie clienti, tra le mie amiche e colleghe, tra le amiche professioniste della Rete al Femminile, tra la maggior parte delle donne che lavorano, che hanno famiglia e spesso dei figli e sono donne che vogliono crescere dal punto di vista sia personale che professionale: è la stanchezza e la mancanza di tempo per sé – che sono, a mio avviso, strettamente collegate.

Prendersi del tempo è sempre stato difficile, per le donne

E ora con smart working che proprio smart non è, didattica a distanza, attività sportive soppresse e neanche un ristorante o un teatro dove passare una serata rigenerante, il problema si è acuito in modo esponenziale.

Ma se la difficoltà è oggettiva, c’è sempre qualcosa che possiamo fare a livello soggettivo per ridare priorità a qualcosa che consideriamo un “lusso”: un po’ di tempo per noi.

E l’inizio è sempre un cambiamento nel nostro modo di vedere le cose.

Se prenderci del tempo per noi non fosse un lusso, ma una priorità?

Se invece il lusso che non possiamo permetterci fosse quello di trascurare il nostro bisogno di staccare, rigenerarci, divertirci? 

Una delle cose che mi ha sempre tenuta in piedi anche nei momenti più sfidanti della mia vita è stata una sorta di sano “egoismo” che mi ha sempre permesso di non perdere di vista ciò che per me è vitale (nel senso che aggiunge vita alle mie giornate): trovare il tempo per fare ciò che amo.

Noi donne cresciamo con l’idea che il nostro ruolo è di esserci per gli altri, prima.

Da bambine vediamo le mamme fare i salti mortali, sacrificarsi, gestire con successo mille ruoli contemporaneamente e introiettiamo quei modelli. 

Perciò non è stato facile nemmeno per me vincere quell’idea strisciante che ti fa credere che gli altri ti giudicheranno se dici di no, o che il mondo crollerà se non sei sempre a disposizione di chi ha bisogno di te. 

Ma forse proprio per la mia storia (che ti rimando qui)  ho iniziato a credere che pensare a me stessa “prima” (non soltanto, ma prima) fosse indispensabile non solo alla mia felicità, ma alla mia sopravvivenza.

Capita a tutte di vivere con quel senso di colpa

Proprio oggi, in una sessione individuale con una meravigliosa nuova cliente, il tema è emerso di nuovo. Raccontava di una pressione esagerata da parte dell’azienda per cui lavora, della totale mancanza di tempo per sè e del dispiacere (se non addirittura senso di colpa) per aver ritardato un giorno nell’andare a prendere la figlia, che così aveva cenato dallo zio anziché con lei. 

Il suo racconto mi ha richiamato alla memoria un episodio di quando ero bambina, che l’ha aiutata a cambiare la percezione riguardo a quell’evento. 

Ti racconto quello che era successo a me

Ero in prima media e praticavo atletica leggera, e nei 60 metri piani ero quasi imbattibile.

Quel giorno eravamo andati con tutta la scuola al campo sportivo per le gare comunali. Ma  pochi minuti prima della gara, che sapevo di poter vincere, succede qualcosa: in segreteria si rendono conto che io ero un anno più giovane rispetto alle mie compagne di classe e delle classi parallele, pertanto mi sento convocare lì con la mia insegnante e mi dicono che purtroppo, a causa del regolamento, non avrei potuto partecipare se non con “le più piccole”. 

Fui presa dalla delusione, dalla vergogna di dover correre con quelle delle elementari, dal disagio di gareggiare con delle sconosciute: così scoppiai a piangere e mi rifiutai di gareggiare. Ammetto di essere stata un po’ drammatica 😉 ma ai miei 10 anni evidentemente non sapevo fare di meglio.

Così la scuola avvertì mia mamma affinché mi venisse a prendere, ma lei stava lavorando e non poteva muoversi.

Oggi, come mamma a mia volta, immagino che si sia sentita in conflitto tra ciò che doveva fare e il desiderio di venir a consolarmi, in colpa forse, per non potersi assentare. Allora di certo non ci pensavo.

Fatto sta che mi venne a prendere mia zia, sua sorella più giovane, con il suo fidanzato ed un cucciolo di pastore tedesco di nome Lord, e mi portarono a fare una passeggiata sul Carso.

Fu una giornata speciale, e io ancora oggi la ricordo come una cosa stra-ordinaria (in quanto non era abituale), una piccola avventura che fu in grado di farmi dimenticare la delusione e riportarmi al mio naturale stato di gioia.

Ho fatto tesoro di quell’esperienza

Questo racconto ha permesso a Claudia di capire che quello che lei viveva come un “togliere qualcosa” a se stessa e alla bambina, poteva in realtà essere un grande dono alla figlia, un’esperienza che da grande magari avrebbe ricordato con piacere ed affetto, proprio perché insolita, diversa, inaspettata.

Quando ci sacrifichiamo per i figli, trasmettiamo loro il messaggio: sei importante, ti amo.

Ma quando sappiamo prenderci cura di noi trasmettiamo loro un messaggio altrettanto fondamentale: Io sono importante per me, io mi amo.

E questo autorizza loro a considerarsi importanti per se stessi, ad amare se stessi prima di tutto.

E non succede solo con i figli, ma con tutte le persone che amiamo.

Così facendo è come se autorizzassimo anche gli altri a fare lo stesso, li incoraggiassimo a riconoscere i propri bisogni e prendersene cura. È un po’ come in quel vecchio detto: 

Se vuoi sfamare una persona non dargli del pesce: insegnale a pescare.

E ne parlava anche un certo uomo saggio vissuto circa duemila anni fa: ama il prossimo tuo come te stesso. 

Se questo amore per noi stesse scarseggia, come potremo davvero amare qualcun altro di più?

Conosco donne “impeccabili” che si sacrificano per fare sempre ciò che ci si aspetta da loro, ma che poi si lamentano, criticano, giudicano e sono quasi sempre scontente e rancorose.

Si sono semplicemente dimenticate di amare e dare ascolto alla persona con cui devono trascorrere ogni istante della propria vita: se stesse.

Si può fare. Anzi, è uno dei rarissimi casi in cui utilizzo questo verbo: si “deve” fare 😉 

Lo devi a te stessa, prima di tutto.

Quando  impari ad amarti ti tratti come tratti le persone che ami: fai quello che puoi per renderle felici. E allo stesso modo per cui per te è una gioia esserci per gli altri, è importante esserci per te.

Perciò, trova il tempo per dedicarti a ciò che ami.

Quanto a me, ora, nonostante le molte cose che avrei da fare, e nonostante fuori ci sia un’umidità londinese, chiudo il computer, mi alzo dalla mia postazione e vado a fare una passeggiata lungomare.

Al mio ritorno sarò una persona un po’ migliore, e non sarò l’unica a beneficiarne.

Lasciami un commento: fammi sapere di te!

Gina

Momenti lavatrice e dove trovarli: dalla confusione alla creazione

Momenti lavatrice e dove trovarli: dalla confusione alla creazione

Momenti di confusione, sono sicura che li conosci molto bene anche tu.

Sono quei momenti in cui è come se calasse un sipario pesante e scuro sulla tua giornata. Ti senti invischiata in una ragnatela dalla quale tenti di divincolarti, ma più ti muovi e più ti senti limitata nei movimenti e impossibilitata ad uscirne.

I pensieri sono veloci e confusi mentre la tua capacità d’azione è rallentata e indebolita.

Insomma, non sei “la solita te”.

Io li chiamo momenti di “turbolenza”, o momenti lavatrice.

È normale che succeda (ne parlo anche in questo articolo)

Il problema è che pensiamo non lo sia, che pensiamo non dovremmo sentirci così. Invece che prenderla come una giornata di pioggia, ci sentiamo come se il sole non dovesse tornare mai più.

Ci succede quando siamo stanche e la confusione prende il sopravvento.

Quando l’impegno che mettiamo in tutte le cose non ci ripaga con i risultati sperati.

I momenti in cui non ci sentiamo comprese, quando ci sembra che ciò che facciamo non venga apprezzato a sufficienza.

E anche quando ci sembra di essere scivolate dalla padella nella brace. Magari perché abbiamo avuto il coraggio di lasciare un lavoro sicuro e ben retribuito, per perseguire la realizzazione di un sogno e di noi stesse. Ma in certi momenti ci troviamo a dubitare di tutto e, per estensione, anche di noi stesse.

Un paio di settimane fa ho vissuto uno di quei momenti

Non è una cosa nuova per me. Mi succede ciclicamente e, sebbene io li conosca bene, quando ci sono dentro mi sembra che niente vada bene, che niente sia giusto… mi sento lontana da me.

E quando sei lontana da te, rischi di sentirti lontana anche da ciò che hai scelto, e può capitare di mettere in discussione molte cose. 

In quei momenti è facile avere la tendenza a drammatizzare. Le forti emozioni che si provano tingono di un colore scuro ogni cosa e non si riesce ad avere uno sguardo obiettivo sulle cose.

Da una chiacchierata con un’amica anche lei libera professionista che, a breve distanza dal mio momento no, stava attraversando una fase simile, è nato un fertile confronto su questo tema. Questo mi ha portata a cercare di comprendere, e in un certo modo codificare, non solo come attraversare al meglio questi momenti, ma anche a come farne risorsa.

Ecco cosa ti potrebbe capitare di sperimentare, quando vivi questi momenti di confusione:

  • pensare che sei sulla strada sbagliata
  • mettere in discussione te stessa, le tue scelte, il cammino fatto fin qui
  • mettere in dubbio i tuoi meriti
  • permettere a una situazione sbagliata o difficile di diventare pervasiva. Es: è andato male un incontro di lavoro e ciò che ti dici in realtà è che “la tua vita è un disastro”
  • non riuscire a vedere la bellezza e l’abbondanza che c’è nella tua vita proprio ora
  • notare molto bene tutto quello che manca o che non va
  • vedere la bruttezza del mondo, e solo quella.
  • perdere il contatto con il senso di ciò che fai (insomma, ti sembra futile o inutile)

Capita anche a te?

Siccome ho anni e anni di esperienza, diretta e indiretta, di momenti così, ecco che ho stilato innanzitutto un elenco di DON’TS, ovvero di cose da NON fare in queste circostanze in cui la confusione tenta di prendere sopravvento.

Sono tre le principali cose “vietate”, dopo esserci concesse di sguazzare brevemente nel nostro “drama” 😉

È “vietato”:

  1. credere a tutto ciò che pensi (questo vale sempre, ma in particolar modo nei momenti-lavatrice);
  2. giudicarti per come ti senti (sei molto più di quello che provi ora);
  3. prendere decisioni sull’onda dell’emozione (non sarebbero certo le migliori).

Ci sono molte cose utili che possiamo fare in quei momenti di confusione, e voglio condividere con te i 7 passi che per me funzionano sempre:

– accettare come mi sento e accogliere le mie emozioni;
– fare silenzio e non forzarmi a fare nulla che non sia strettamente indispensabile;
– confrontarmi con qualcuna delle mie preziose “compagne di viaggio”;
– prendermi cura di me scegliendo alcune delle cose dalla mia “self care list”;
– comprendere qual è davvero il problema, comprendere il messaggio del mio disagio;
– rifare contatto con il mio “perché”;
– mettere in atto qualcosa di nuovo.

E ora, uno per uno, ti spiego perché per me funzionano per combattere la confusione:

  • Accettare come mi sento e accogliere le mie emozioni: resistere a ciò che sentiamo, opporci, sopprimere o negare le nostre emozioni non fa che creare ulteriore conflitto. Sentiamo ciò che sentiamo. Se riusciamo a non giudicarci per questo e a non avere paura di ciò che sentiamo, possiamo semplicemente accogliere la verità di ciò che sta accadendo, lasciandocene attraversare, totalmente.
  • Fare silenzio e non forzarmi a fare nulla che non sia indispensabile: creare spazio, creare silenzio ci permette di entrare in contatto con qualcosa di più profondo del chiacchiericcio della nostra mente. Inoltre costringerci ad essere efficienti e performanti in quei momenti sarebbe inutile: non lo siamo. Perciò, se possiamo, fermiamoci e stiamo in quello che c’è. 
  • Confrontarmi con qualcuna delle mie preziose “compagne di viaggio”:  avere delle amiche che siano in grado di ascoltarti davvero, che siano in grado di accoglierti anche nei tuoi momenti no, è uno dei tesori più preziosi che possiamo avere. Io sono ricchissima, da questo punto di vista, ed è una gioia cercare e offrire presenza e supporto, quando qualcuna di noi ne sente il bisogno.
  • Prendermi cura di me facendo alcune delle cose sulla mia “self care list”: per ritrovare il nostro equilibrio è importantissimo per noi donne prenderci cura di noi, dedicarci al vero piacere (no, lo shopping compulsivo non rientra in questa categoria). Fare cose che ci fanno stare bene, nutrendoci nel profondo. Per me può essere una passeggiata in natura, fare una doccia calda con il mio bagnoschiuma preferito, accendere un incenso e mettere su una musica speciale. Ma anche scrivere su carta i miei pensieri, mettere i piedi nell’acqua di mare e affidare alle onde le mie “paturnie”. 😉

E ancora…

  • Comprendere qual è davvero il problema, comprendere il messaggio del mio disagio: a questo punto (e non prima) posso comprendere cosa c’è di vero. Cosa vuole essere visto, cambiato, eliminato o iniziato.
  • Rifare contatto con il mio “perché”: ricordarmi il senso, il perché di certe mie scelte, rifare contatto con i miei valori non negoziabili e con il contributo, unico perché “mio”. Parlo di ciò che voglio portare alla collettività. Questo mi aiuta a rimettere le cose in prospettiva, a ritrovare l’ispirazione e a fare una nuova “cornice d’accordo” con me stessa e con le persone eventualmente coinvolte. (NDR di questo tema, molto importante ed ampio, ti parlerò nel prossimo articolo).
  • Mettere in atto qualcosa di nuovo: questo è un passaggio fondamentale per me, che sono amante della varietà e delle novità. Dopo un momento di crisi sento il desiderio di scrivere una pagina nuova, di fare tesoro dell’accaduto e nel contempo di proiettarmi verso nuovi orizzonti. Una nuova pratica, un’abitudine, un corso o anche solo un quaderno nuovo dove annotare le mie comprensioni. Piccoli ma preziosi elementi che sanciscono il passaggio.

Non dobbiamo sempre mostrarci forti.

Non è necessario mostrarci sempre all’altezza.

Non pensare di dover essere superwoman.

Lo siamo. Ma in tutto questo sono compresi anche i momenti difficili. Quelli in cui mettiamo tutto in discussione, in cui rimescoliamo le carte, in cui andiamo in riserva di energia e le cose assumono sfumature confuse o pesanti.

Quei momenti di confusione vanno accolti e attraversati.

E solo lasciando a terra ciò che non ti serve più, puoi proseguire con ciò che sei diventata.

Un abbraccio,
Gina

Seguimi su Instagram per scoprire i miei consigli di coaching per realizzare ciò che sei!

A settembre si torna a scuola di pratiche della felicità!

A settembre si torna a scuola di pratiche della felicità!

Come ogni scuola che si rispetti, anche le pratiche della felicità riapre le sue porte – virtuali – a settembre. A partire dal 22 settembre parte una nuova classe online fatta di persone che vogliono allenarsi ad essere felici. 

Ma facciamo un piccolo passo indietro. Perché ti parlo di pratiche della felicità?


Dopo diversi decenni dedicati alla crescita personale, dapprima come “studente”, e poi come coach, mi sono resa conto che tutto ciò che cerchiamo di ottenere attraverso le nostre scelte, è in realtà un punto di partenza, e questo è proprio la felicità.

Ovvero, facciamo ciò che facciamo perché pensiamo che ci renderà felici: ma come sarebbe se lo fossimo già in partenza?

Non ti parlo di sorrisi a 36 denti

Nè di saltellare sul posto o ostentare un finto entusiasmo quando in realtà provi tristezza, preoccupazione o rabbia. 

La felicità è uno stato di “alta efficienza” che puoi allenare e che puoi provare a prescindere dalle circostanze in cui ti trovi. Questo non solo ti consente di affrontare in modo più efficace e fluido tutte le situazioni che la vita ti mette davanti, ma ti ti rende soprattutto più capace di creare le circostanze, relazioni, risultati che desideri.

Ma come è possibile?

Forse non lo sai, ma il nostro cervello è progettato per porre maggior attenzione a ciò che è anomalo, a ciò che va male, a ciò che è potenzialmente pericoloso e lo fa per ovvie (ed antiche) ragioni legate alla nostra sopravvivenza. Perciò se non scegliamo di indirizzarlo diversamente, tenderà a farci notare, pensare e immaginare soprattutto le cose che temiamo o a cui ci opponiamo – creando in noi le emozioni corrispondenti a quei pensieri. 

La situazione cambia con un po’ di allenamento

Per questo è fondamentale allenarsi a sviluppare quel solido stato di benessere che ti permette di produrre pensieri, emozioni e comportamenti più funzionali , che riduce lo stress e le sue conseguenze, che ti restituisce la creatività, l’empatia, il Problem soling e la capacità di immaginare e creare che è propria degli esseri umani quando “funzionano” al loro meglio. 

Insomma, basta guardare un bambino per renderci conto che quel benessere è nostro per diritto di nascita, e che chi è felice è instancabile, è capace di attenzione focalizzata, è determinato, è naturalmente capace di intessere relazioni sane, è in grado di apprezzare di più  e…sì, è anche più bello!

Ma come posso essere felice, a partire da oggi?

Puoi saltare a bordo del mio prossimo corso online Le pratiche della felicità,  un percorso in diretta e di gruppo. A partire dal 22 settembre 2020 partirà la nuova edizione e un nuovo gruppo di persone (solitamente donne, ma chissà 😉  motivate si cimenteranno ad allenarsi per rendere forte e stabile il loro substrato di felicità. Se vogliamo fare un parallelo con il corpo e l’esercizio fisico, è come allenare il “core” – che non è il cuore in romanesco 😉 ma è la parte centrale del nostro corpo, la muscolatura profonda, che ci rende stabili e che è fondamentale allenare per affrontare al meglio qualsiasi performance fisica. 

Il corso è della durata di 4 mesi e prevede:

  • colloquio individuale direttamente con me, per identificare quali sono gli aspetti su cui vuoi lavorare (compila il questionario).
  • un percorso di 4 mesi in gruppo (partenza 22 settembre 2020)
  • 2 incontri live al mese via zoom – ogni live verrà registrata e resterà disponibile fino alla fine del percorso
  • un gruppo Facebook riservato agli iscritti per domande, sfide e condivisioni
  • una meditazione guidata da poter riascoltare quando vuoi
  • tutti i file degli strumenti e delle tecniche che imparerai

Che aspetti? Sali a bordo e allenati insieme a me per rinforzare il “core” della tua felicità.

Prenota qui la tua iscrizione al corso Le pratiche della felicità

Ti abbraccio, 

Gina

Attenta a ciò che desideri, potrebbe realizzarsi

Attenta a ciò che desideri, potrebbe realizzarsi

Quello che desideri si avvera. Molti lo sottovalutano ancora, ma il potere della mente è quasi sempre infallibile. Qui ti racconto di un recente episodio in cui ho avuto l’ennesima riconferma…

Mentre scrivo mi trovo a casa mia a Trieste, con un ginocchio offeso ed un “colpo della strega” che mi costringe a stare ferma e tranquilla.

Oh, Gina, ma cosa ci azzecca, questo, con i desideri?

Sono rientrata da poco, in anticipo rispetto ai miei piani, da una vacanza al mare, bellissima ma per niente riposante e tra due giorni è prevista la partenza per la montagna. All’idea di avere così poco tempo tra una vacanza e l’altra e avendo ancora diverse cose di lavoro in piedi e progetti da chiudere, mi sono trovata più volte a pensare “vorrei tanto avere un paio di giorni-cuscinetto”. Sentivo infatti l’assoluta necessità di stare qualche giorno a casa, niente sole, riposare, stare nella mia energia, finire le cose di lavoro, fare le lavatrici e preparare le valige con calma.

Questo era il mio desiderio

E cos’è successo stamattina? Ho preso lo scooter per andare in centro e, uscendo dal garage, sono scivolata in modo inspiegabile ammaccandomi il ginocchio. E poi, nel tentativo di sollevare da terra lo scooter, che pesa molto più di quanto pensassi, mi si è bloccata la schiena con il famoso “colpo della strega”.

Et voilà: eccomi a casa, a riposo, che scrivo l’articolo con calma, dopo aver fatto 4 lavatrici, declinato tutti gli impegni per questi 3 giorni e riposato quanto mi serviva.

Il mio desiderio ha trovato il suo modo per realizzarsi. Certo avrei potuto essere più esplicita nella mia richiesta riguardo alle modalità 😉

Perché ti parlo di desideri

Ti parlo spesso di desideri, perché credo siano il linguaggio che la nostra parte più profonda e più vera usa per indicarci la strada da prendere per diventare ogni giorno un po’ più “grandi” di come eravamo ieri.

Nel mio caso, mi aspetto meraviglie da questi miei giorni “bloccata”, perché sono certa che hanno un intento ben più grande del farmi soltanto riposare.

I desideri ti aiutano ad uscire dai territori conosciuti, ti aiutano a conoscere te stessa e a scoprire cose di te che ancora non sai.

Eppure, dopo anni di ammaestramenti e indottrinamenti, non è facile riuscire a sentire quella voce, non è facile trovare un desiderio che sia veramente tuo, che non sia indotto da risultati di altri, da cose che hai visto fare, da limiti che credi di avere, da qualcosa che hai visto in un film, da quello che qualche esperto del tuo settore ti dice che dovresti fare.

Non è facile nella vita personale.

Dovrei desiderare un figlio?
Sta arrivando il momento di sposarmi?
Dovrei desiderare di proseguire con gli studi?

Non è facile nemmeno nel lavoro e nel business

Prima andavano i video per promuoversi.
Poi i podcast.
Ora Tik-Tok.
Si fa così, non si fa così.
Forse dovresti restare nell’azienda di famiglia.
Dovresti fare l’avvocato e non la ballerina.

E così ti trovi a seguire strade tracciate per te da altri.

E anche quando credi di essere tu a decidere nella migliore delle ipotesi stai solo “scegliendo”, e non desiderando.

Scegliere significa prendere qualcosa dal menù.

Desiderare significa immaginare cose che nessuno ha messo su quel menù. Cose che ti fanno sorridere da dentro, quando ci pensi.

“Per i desideri servono parole, tante parole”, ci ricorda Igor Sibaldi (vi consiglio vivamente di seguire la sua Scuola dei desideri su YouTube). Più ampio è il nostro vocabolario attivo, ovvero le parole cha abitualmente usiamo, e più ampio e ricco sarò il nostro mondo e i nostri orizzonti.

Ma l’autore dei tuoi desideri non sei tu. Non provengono da te. Provengono al tuo IO più grande, quello che ancora non sei, il tuo IO futuro. È per questo che sono così interessanti. Perché ti mostrano come fare a raggiungere quel tuo io futuro e più grande.

I desideri tu fanno uscire dai tuoi binari predefiniti, ti fanno uscire da quegli episodi che hai interpretato come tuoi reali limiti o sconfitte passate. Ti liberano dall’idea che hai di te stessa, di cosa credi impossibile o fuori portata.

In una cultura di “prima il dovere, poi (forse) il piacere”, i tuoi desideri ti permettono di crescere proprio grazie a quel piacere , grazie a un atto di immaginazione dettato da quello che sarai tu in futuro, e non da quello di te che già conosci bene.

Il desiderio ti fa alzare lo sguardo, ti fa guardare il cielo e le stelle, le “sidera” appunto.

Non a caso nelle notti di Agosto ci concediamo di puntare il nostro naso all’insù nell’attesa di vedere una stella cadente a cui affidare, in gran segreto, un nostro desiderio.

Ma non abbiamo un solo desiderio a disposizione. e non abbiamo solo la notte di San Lorenzo o il mese di agosto per connetterci con quella parte di noi più grande che si da il permesso di sognare qualcosa che ora non c’è.

Non ti serve una stella cadente per esprimere un desiderio: i desideri non hanno date, non hanno confini, non hanno scadenze.

Il tuo desiderio ti porta al di là di quello che sai di te.

Cosa aspetti a desiderare?

Hai bisogno di aiuto? Chiamami! Trovi i miei contatti qui, ti offro una consulenza gratuita per aiutarti a individuare i tuoi desideri e a scoprire quale percorso di Coaching intraprendere!

Un abbraccio,

Gina!

È più facile essere tristi (arrabbiati, nervosi, preoccupati) che felici? Tutta colpa del tuo cervello

È più facile essere tristi (arrabbiati, nervosi, preoccupati) che felici? Tutta colpa del tuo cervello

Per fortificarti e non farti manipolare dagli stimoli negativi serve allenare la corteccia prefrontale sinistra nel tuo cervello.

Pensa a una tua giornata tipo. Togliendo le ore in cui dormi, se hai la fortuna di dormire bene, quanto tempo trascorri sentendoti veramente veramente bene e con un senso di pienezza?

E quanto invece  le tue emozioni e sensazioni virano più verso la tensione, il fastidio, la preoccupazione, la paura, l’esasperazione, la frustrazione; o ancora ti senti arrabbiata, indignata, sconsolata o con un senso di mancanza?

Se sei come la maggior parte delle persone con cui mi interfaccio per lavoro, ma anche nella vita, risponderai che normalmente per più della metà del tempo (per qualcuno molto di più) vivi le emozioni della seconda categoria, piuttosto che quelle del benessere.

Ti ci ritrovi? Forse tu no, ma sono sicura che in un attimo puoi pensare a un sacco di persone che conosci e che rientrano perfettamente in quella descrizione.

Come mai?

Se ci pensi viviamo in un periodo storico dove le persone dispongono di comodità che una volta sarebbero sembrate un lusso inimmaginabile: tutti hanno cibo in abbondanza, una casa in cui vivere, uno smartphone, il wifi, acqua calda e luce in casa, un mezzo di trasporto e la copertura sanitaria- eppure questo non ci rende più felici di quanto lo fossero generazioni che ci hanno preceduto e che mediamente avevano molto meno.

Come mai?

Tutta colpa del tuo cervello 😉 

Seguimi, perché stai per scoprire una delle ragioni per cui è più facile sentirsi tristi, infastiditi o preoccupati, che felici – e come porvi rimedio.

Il nostro cervello è la creazione più sofisticata dell’universo, e si è evoluto in milioni di anni.

Noi viviamo in un ambiente che negli ultimi 100 anni si è trasformato a una velocità e in modi e mai visti prima, ma il nostro cervello non si modifica così velocemente. Questo fa sì che alcune sue funzioni, così adatte quando i pericoli per la nostra sopravvivenza erano reali e continui, non giocano a nostro favore nell’ambiente attuale.

L’area del nostro cervello più recente, quella che ci distingue dagli animali (o almeno dovrebbe) è la corteccia prefrontale. Lì sono state individuate due diverse aree che si attivano in presenza di attività per così dire “opposte”, e che sostengono rispettivamente quel tipo di attività.

E’ stato infatti scoperto, che quando ci preoccupiamo, sperimentiamo tensione, siamo arrabbiati, o ci arrivano informazioni “negative” come quelle dei media, si attiva la corteccia prefrontale destra.

La sua dirimpettaia, corteccia prefrontale sinistra, detta anche “l’area dell’Illuminazione” in quanto particolarmente attiva e sviluppata nei monaci tibetani, molto dediti alla meditazione, è invece l’area dove troviamo attività quando stiamo davvero bene e la nostra mente è calma.

Secondo te quali delle due parti sarà più attiva nel tuo cervello iper sollecitato?

Esatto: l’area destra è più sollecitata e quindi anche più pronta, reattiva e interventista rispetto alla sua collega sinistra. Potremmo paragonarla al bicipite di un culturista, il bicipite di Arnold Schwartzenegger dei tempi d’oro.

Ma cosa ha reso questo “bicipite” così ipertrofico? Un certo tipo di nutrimento: le notizie dei telegiornali -che non sono “buone notizie”- le scene ansiogene di film e videogames, con violenze fisiche e verbali, sparatorie, inseguimenti, omicidi e rapimenti; ma anche i litigi nei reality o gli alterchi nelle trasmissioni politiche;  l’incertezza del domani, il Covid e tutto quello che gli si è creato attorno. 

Ma, se ci penso, anche il cartone di Biancaneve, del buon vecchio Walt Disney, conteneva un bel po’ di nutrimento per la nostra CPD. E anche i documentari, di cui sono sempre stata una fervida consumatrice, ultimamente puntano ad un sensazionalismo al negativo, dove lo squalo non è solo un pesce predatore, ma è un crudele e sanguinario assassino, il serpente è una terribile e feroce minaccia, il ragno è un implacabile killer dalla crudeltà premeditata.

E di cosa si nutre, invece, la CP sinistra? si nutre di bellezza, emozioni che espandono, gioia, gratitudine, immagini positive, presenza consapevole. Essendo meno “nutrita”, meno sollecitata, è un po’ come il bicipite di uno smilzo che non ha mai sollevato più di una borsina della spesa piena solo a metà.

Quando c’è da affrontare una qualsiasi situazione, quale delle due aree pensi che ti farà sentire maggiormente la sua forza? Sarà il bicipite di Schwazenegger o quello del nostro amico smilzo?

Esatto, ti sei risposta da sola. Il bicipite di Schwarzenegger. 

D’altra parte, il “bicipite sinistro” è talmente poco allenato e smilzo da venire sopraffatto e non riuscire a fare la sua parte. È come se non si aspettasse di essere interpellato (meno lo si usa, e meno si aspetta di esser chiamato in causa)  e le volte che interviene, il suo contributo viene sovrastato prepotentemente dal suo collega super allenato.

Andrà più o meno così: 

Ti si prospetta  la possibilità di un nuovo progetto di lavoro, quand’ecco sopraggiungere pensieri su tutti i rischi possibili e impossibili, su tutte le cose che sono andate storte in passato e su tutte quelle che sicuramente andrebbero storte in futuro; ecco nascere una sensazione di paura e preoccupazione, che ti fa desistere, o ti fa partire prevenuto e pronto alla profezia auto-avverante.

Sei in un momento di relax. La tua mente vaga finché, ad un certo punto, ti porta a focalizzarti sullo sgarbo che ti ha fatto quella collega, su quanto sia ingiusto il tuo capo/socio/vicino di casa, fino a farti concentrare su tutti gli aspetti negativi della tua vita.

Stai vivendo un problema reale (di lavoro, relazionale o di salute) e un po’ alla volta diventa pervasivo, offuscando qualsiasi altro aspetto della tua vita, occultando alla tua consapevolezza ogni aspetto positivo che sia comunque presente nella tua vita, probabilmente in percentuale notevolmente maggiore.

Questi erano alcuni casi di “corteccia prefrontale destra al lavoro”.

Perché è necessario allenare la felicità?

Tutto questo si può sovvertire, in due modi:

1- riducendo gli stimoli alla CP Destra, diventando consapevole di quali siano e non facendo inutili scorpacciate di negatività (parzialmente in tuo potere)
2- allenando la CP Sinistra (totalmente in tuo potere)

Ecco cinque cose che puoi fare da subito per allenare la tua CP Sinistra (e di conseguenza il tuo stato di benessere):

  1. durante la giornata, cogliere gli aspetti positivi di una situazione, di un luogo, di una persona
  2. dare un feedback positivo e sincero a un amico, un collega di lavoro, un collaboratore o una persona amata
  3. fare dei piccoli atti di gentilezza gratuita, come cedere il biglietto del parcheggio a uno sconosciuto con ancora di tempo, lasciare un “caffè sospeso” anonimo, lasciar passare qualcuno ad un incrocio
  4. notare la bellezza ovunque intorno a te
  5. a fine giornata, scrivere 3 cose per cui essere grata (e trovarle anche nelle giornate peggiori) (ti invito a creare una stories di Instagram, taggarmi @gina.abate.coaching e mettere l’hashtag #lagioiadelgiorno . Sarò felice di condividerla nelle mie stories)

E se vuoi allenarti davvero, ho creato un percorso fatto apposta per questo.

Nel mio corso Le pratiche della Felicità andiamo proprio ad allenare e fortificare la corteccia prefrontale sinistra e a spegnere l’eccesso di attività in quella destra. 

Fortificare “l’area dell’illuminazione” ci rende più felici e capaci di apprezzare, più capaci di notare e cogliere opportunità, più inclini ad ascoltarci e fare scelte adatte a noi.

Ti piacerebbe entrare nel percorso e allenarti alla felicità? Puoi! Clicca qui e iscriviti oggi!